mercoledì 23 aprile 2008

UCCELLI

 (si consiglia la lettura ad un pubblico adulto vm18)

Il suo cazzo aveva uno strano sapore.
Ci pensava ogni volta che scopavano, ma poi si faceva prendere dalle varie cose - e c’è da dire che in questo Peter era molto bravo - e la storia del sapore passava in secondo piano. L’importante era soprattutto superare l’impatto iniziale. Anche perché poi, a furia di succhiarlo, era un po’ come se quel sapore si diluisse… per fortuna.
La cosa peggiore, probabilmente, era l’attesa.
Prima che finissero a letto, ogni volta, Susan continuava a vivere con una parte del suo essere in tensione, in attesa di quel momento. Domandandosi per tutto il tempo se e quando Peter le avrebbe chiesto di prenderlo in bocca.
Tutto questo, inutile dirlo, le toglieva parte del piacere, ma non sapeva come risolvere la questione, e si chiedeva se il problema fosse suo oppure di Peter. Anche perché non è che Susan ne avesse provati molti… di uomini.  Era ancora molto giovane, e Peter era la prima storia importante. Il primo che avesse succhiato.
No, cioè, ce n’erano stati altri due, prima, ma nel primo caso era ubriaca e non ricordava niente. Nel secondo, aveva una mentina in bocca e questo, in qualche modo, aveva falsato l’intera faccenda. Non c’era modo di sapere se anche gli altri due avessero lo stesso sapore orribile e non era uno di quegli argomenti che tiri facilmente in ballo con le amiche.
Aveva pensato di buttarla lì, casualmente, durante il the delle cinque… "A proposito, ma i cazzi hanno tutti lo stesso sapore?"
Ma poi, ogni volta, si rendeva conto che non poteva. Immaginava la faccia scandalizzata di Lizzy. O, peggio ancora, quella di Margie, prima velata di un rossore diffuso, mentre il liquido appena sorseggiato le andava di traverso, e poi contorta nell’atto di spruzzare il the sul tavolo, momentaneamente trasformata in una specie di fontana. No, non poteva prorio.
Era necessario trovare un’altra soluzione. Ma cosa? Provarne un altro era fuori discussione. lei amava Peter, non poteva succhiare quello di un altro, foss’anche col solo intento di effettuare una ricerca comparata sui sapori dei membri maschili e quindi senza alcun fine godereccio.
Ripensando alla storia della mentina, aveva allora provato a suggerire a Peter variazioni sul tema, con nutella, panna… l’aveva buttata sul bisogno di trasgressione per non dovergli rivelare che il suo cazzo aveva un sapore schifoso. Ma da quel punto di vista, manco a farlo apposta, Peter aveva scoperto di essere un tradizionalista. Gli piaceva la lingua di lei al naturale… ed ogni volta, Susan, ritornava a casa con quel po’ di insoddisfazione e quello strano sapore in bocca.
Poi, un giorno, tutto le fu chiaro.
La rivelazione arrivò nel modo più imprevisto: in campagna, durante uno dei soliti weekend a casa di zio Gerard.
Susan odiava le gite in campagna, odiava la natura col suo aspetto oltraggiosamente sano e, soprattutto, odiava lo zio Gerard ed il suo modo fastidioso di ridere per ogni fesseria. Il suo vocine rimbombante, nel silenzio della campagna, poteva arrivare a chilometri di distanza.
Un’esperienza devastante per una come lei, che amava le cose sussurrate, i mezzi toni tendenti al grigio, e le cornici di cemento a limitare l’invadenza del cielo troppo azzurro.
Eppure, in quell’occasione, l’insopportabile weekend si rivelò determinante, perché le consentì di capire.
perniciTutto successe a causa della passione di zio Gerard per la caccia.
Lui ne era un vero cultore. Pernici in genere, ma anche fagiani se capitava. Lui diceva che un giorno sarebbe andato in africa a cacciare leoni. Lo diceva convinto, ma non ci credeva nessuno e nessuno si sentiva di spiegargli che avrebbe dovuto decidersi un secolo prima, perché ormai, ameno di non trasformarsi in un bracconiere, non avrebbe mai potuto sparare al re della foresta. Lui lo diceva, generalmente alla seconda bottiglia di vino, e fondamentalmente nessuno lo cacava che, come tutti avevano scoperto, era il miglior modo per far funzionare queste riunioni familiari: ignorandosi.
Comunque, tra le tante fissazioni di zio Gerard, c’era quella che la cacciagione va frollata. Lui si riteneva il massimo esperto del gruppo, ma non capiva un accidente e frollava tutte le prede allo stesso modo. 5 -6 giorni. Che per un fagiano va benissimo, ma per una pernice no! E quell’estate, in particolare, faceva davvero caldo. Non sembrava neanche di stare nello Yorkshire, sembrava di stare in tunisia, tanto era caldo.
E zio Gerard aveva cacciato pernci, manco a farlo apposta.
Pernici appese alla veranda come macabri trofei, in attesa della giusta frollatura.
Non era stato facile fingere allegra normalità se, ogni volta che si usciva sul patio, si doveva fronteggiare quell’improvvisato patibolo avicolo e far finta di niente.
Comunque, fu quella sera, a cena, che arrivò la rivelazione.
Pernici troppo frollate e poco cotte.
Già l’aspetto era quello che era, ma quando Susan mise in bocca la prima forchettata, sentì subito un inconfondibile sapore di marcio con il  retrogusto dolceamaro della carne ormai prossima alla decomposizione.
Fu più forte di lei: sputò subito tutto nel piatto e saltò in piedi esclamando: "Cristo… il cazzo di Peter!"




(Si ricorda che dove non specificato diversamente, i contenuti di questo blog sono regolati dalla vigente legge sul diritto d’autore)

9 commenti:

  1. Ahahahahah, ODDIO...troppo forte in tutti sensi:)

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  2. ok, tralasciando il racconto ironic-porno in apertura che proprio non me lo aspettavo, il tuo blog è una figata :)

    mi stupisco sempre quando trovo degli uomini che scrivono bene e che al contempo non siano banali...
    non che le donne sian meglio eh? avrei dovuto scrivere "essere umano" che scrive etc etc etc.... :)

    Mibemolle

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  3. fan ta sti co!!!
    sei un mito!!!

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  4. Intelligente, ironico, scritto benissimo. Bravo! Torno a trovarti. :-)

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  5. Andando avanti nella lettura, avrei giurato che fossero stati gli asparagi, specie quelli selvatici, a conferire quello strano " odore", ( perdonami, pensare che avesse un sapore mi sa tanto di cannibalismo), ma questa delle pernici non mi è venuta per nulla in mente. Complimenti per la prosa e...per la fantasia ( che esistano peni così maleodoranti non ci credo...perdonami).


    Carmen

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  6. ma... sul fatto che possano esistere davvero peni così maleodoranti (...e disgustosi) non posso pronunciarmi. La mia esperienza in proposito, per fortuna, è abbastanza limitata. :-) del resto quello che mi interessava in questo racconto non era il realismo.
    Comunque sto cominciando ad elaborare il seguito.

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  7. mi pare che l'asparago abbia un'ottimistica valenza occasionale. au contraire, la selvaggina - piuma o passo che sia- sottolinea un problema di frollatura più persistente...
    che si debba evitare, ahinoi, caccia e cacciagione? :-DD

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  8. bravo come scrittore...ma la mia attenzione in questo blog non è stata catturata dal sapore del famoso uccello,ma dalla tua presentazione sul tuo profilo...mai letta una presentazione cosi ben dettagliata...
    ciaooo

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