mercoledì 14 dicembre 2011

Immortals


Gli americani, si sa, sono una nazione relativamente giovane. Non hanno un passato degno di tale nome e questo gli ha sempre causato una specie di sottile senso di inferiorità che, poiché non amano considerarsi inferiori a qualcuno, si concretizza in una specie di schizofrenia aggressiva. Sarà forse alla base di questo rapporto confuso e contraddittorio col passato che, negli ultimi tempi, i film di ambientazione mitologica, classica, greco-romana o giù di lì gli vengono veramente una chiavica. Troy faceva cacare anche gli stitici (se mi si consente il francesismo), Alexander era raccapricciante con un improbabile quanto grottesco Colin Farrell biondo (biondo!?!? ma come si può? Secondo me questa cosa gli ha stroncato la carriera) e un Oliver Stone che sembrava più interessato alla bisessualità di Alessandro Magno che a tutto il resto. 300 era anche lui una porcheria, ma, se non altro, era fedele al fumetto. Però sono dell'opinione che la storia delle Termopili sia così profondamente drammatica ed epica da non aver bisogno di tutto l'ambaradan di Miller che ha finito per trasformare il film in un banale racconto supereroistico. E, lo so qualcuno ci resterà male, ma anche il Gladiatore era una notevole minchiata, girato bene quanto si vuole, ma con dei buchi di sceneggiatura grandi come il colosseo.
Tuttavia questo “Immortals” è probabilmente il peggio del peggio: un film senza né capo né coda, con un protagonista scialbo dalle motivazioni confuse, uno zeus altrettanto confuso senza motivazioni, e una regia che non aggiunge e non toglie nulla.
La trama? Perché farci del male?
Vabbè, comunque è presto detto: Iperione s'è incazzato come una iena con gli dei per la morte dei propri cari. Divorato dalla sete di vendetta ha radunato un esercito immenso e dà la caccia all'arco di Epiro con cui libererà i Titani dalla loro prigionia. Gli dei lo sanno, ma non intervengono direttamente nelle faccende umane perché... perché... perché?! Non so perché! Ah già perché, come dice Zeus, se loro (gli dei) non hanno fiducia negli uomini, come possono gli uomini avere fiducia negli dei?
Forse se gli dei muovessero il culo, evitando a Iperione di massacrare tutti i poveri elleni che finiscono sulla sua strada, i greci finirebbero per avere tanta, tanta, tanta fiducia in loro... ma poi il film finirebbe nel giro di dieci minuti (e magari!)...
Indi per cui, niente, gli dei stanno a guardare e il villaggio di Teseo, che è il prescelto di Zeus, viene massacrato dai cattivoni e la madre del nostro eroe viene sgozzata dal perfidissimo Iperione, che in questo film sembra essere l'unico a sapere esattamente cosa vuole.
Teseo s'incazza ma al momento questa sua rabbia non si concretizza in niente di che. Anzi, starebbero per sgozzarlo come un agnellino ma Iperione gli risparmia la vita ritenendo che un babbasone di quella taglia possa dare il meglio di sè lavorando nelle miniere di sale. Inutile dire che Teseo in quelle miniere non arriverà mai. Alla prima occasione il nostro prode fugge eroicamente, salva una sacerdotessa vergine dalla prigionia, successivamente la salva anche dalla verginità, trova l'arco, poi lo perde. Mazzate per tutto il film ma un po' a cazzo cane. Gli dei continuano a non far nulla e quell'unica volta che provano a salvare Teseo, Zeus fa quasi una strage.
Quando il pubblico sta cominciando ad assopirsi Teseo raggiunge finalmente le mura del tartaro dove si terrà lo scontro finale.
Approfittando del caos della battaglia Iperione continua a fare un po' quel che gli pare e, dulcis in fundo, libera i Titani. Solo a questo punto Zeus e i suoi scendono in campo giusto in tempo per farsi riempire di botte da un'orda di titani con la bava alla bocca.
Alla fine, rimasto solo, prima di soccombere, Zeus fa franare l'intera montagna su di sé e sui suoi nemici, salvo squagliarsela verso l'Olimpo all'ultimo istante con un volo tipo superman fregando tutti.
Intanto Teseo, che di fatto fino a questo momento non ha combinato un beneamato cazzo, ed anzi, ha agevolato Iperione permettendogli di impossessarsi dell'arco, si sfascia di botte contro il suddetto, lo uccide ma ci lascia le penne anche lui.
Sulla base di questo enorme contributo, gli dei lo premiano con una gloriosa discendenza...
Che altro dire?
Una cosa ci sarebbe, effettivamente. Date le premesse ed i precedenti era lecito aspettarsi una cacata di queste proporzioni, quindi potreste giustamente chiedermi perché abbia deciso di vederlo.
La risposta è una sola: perché sono un idiota.

domenica 20 novembre 2011

Migrazioni



In principio era Splinder e, se proprio devo essere sincero, non è che mi ci trovassi proprio tanto male qui, almeno per quel che vale il mio “non trovarsi male”...
Perché dovete capire una cosa: io non potrei vivere senza computer e internet, però obiettivamente non ci capisco una mazza. Il mio è un approccio davvero primitivo, apro, scrivo, pubblico, edito, ripubblico, riedito, ripubblico... etc etc.
Il più delle volte non sono realmente consapevole di ciò che sto facendo (ma, del resto, chi lo è veramente?).
Sono un'entità primordiale in lotta simbiontica con una tecnologia che va al di là della sua comprensione, ma di cui è inevitabilmente parte. E anche se questo non è un bene, è un dato di fatto.
In questo Splider ed io avevamo trovato un giusto equilibrio. Lui non pretenedva troppo da me e mi faceva pubblicare quel che dovevo pubblicare in modo rapido ed indolore. Quindi, fosse dipeso da me, io sarei restato, se non altro per pigrizia... e perché sono un animale abitudinario. Sarei rimasto perché partire è un po' morire e per morire c'è sempre tempo... ma, col fatto che forse chiude, forse no, non si sa, ma meglio prevenire che curare e via discorrendo, ho dato il via a questa migrazione nonostante avessi svariatissimi altri cazzi per la testa (mi si perdoni il francesismo).
La migrazione è anche lei un fatto primordiale. La prima regola di sopravvivenza di ogni specie vivente: nel momento in cui mutano le condizioni ambientali (in peggio ovviamente, magari mutassero in meglio almeno una volta) si fanno i bagagli e si va da un'altra parte.
Ora, se io fossi un uccello, tutto sarebbe più semplice. Le migrazioni degli uccelli sono spostamenti che gli animali compiono in modo regolare, periodico, lungo rotte ben precise, ma che, poi, sono sempre seguiti da un ritorno alle zone di partenza.
Nel mio caso la rotta è sconosciuta e dubito sia previsto un ritorno, il che rende tutto molto più precario e faticoso.
Quindi, giusto per concludere questo strano post, il succo di tutta la faccenda è che, al momento, mi girano i coglioni.
Forse tra qualche giorno me ne farò una ragione e vedrò il lato positivo dell'intera faccenda, ma per ora no. Per ora mi sto muovendo come un elefante in un negozio di “template” di porcellana, codici html particolarmente stronzi e NON SO COSA STO FACENDO.

Se mi vedete con un'aria strana tirate dritto, non mi salutate e evitate di guardarmi negli occhi.
Tra qualche giorno sarà tutto passato... forse. O forse no.
Cazzo.

Ad ogni modo adesso sono qui... se son rose fioriranno.

mercoledì 11 maggio 2011

Una parola al giorno (o quasi): GIUSTIZIA

LA BALLATA DI TONINO ESPOSITO


Tonino era un uomo semplice. Normale, mediocre… come tanti altri insomma.
A guardarlo di sfuggita, mentre camminava in mezzo alla gente, non si sarebbe detto che avesse nulla di caratteristico, nulla degno di nota… a guardarlo di sfuggita.
Ma concedendogli anche solo una seconda occhiata, un minimo più attenta della prima, si capiva subito che quell’uomo aveva qualcosa di speciale: infatti Tonino aveva un piano.
Ma andiamo per ordine.
Tonino Esposito era nato il 14 giugno del 1971 a Napoli, quindi, come i più astuti avranno certamente intuito, nel 2011 (l'anno in cui si svolge la nostra storia) stava per compiere 40 anni.
Questo traguardo non mancava di suscitare in lui una certa inquietudine, soprattutto ricordando il giorno in cui suo padre aveva compiuto gli stessi 40 anni, ed aveva riempito di botte la moglie (nonché madre di Tonino) spiegando poi alla polizia che non aveva potuto farne a meno… era il suo compleanno, aveva 40 anni! Si rendevano conto?! 40 anni e non aveva combinato un cazzo nella sua vita! I carabinieri gli avevano giustamente chiesto cosa c’entrasse questo con l’aggressione ai danni della moglie ed il padre di Tonino aveva candidamente risposto che non c’entrava niente, ma con qualcuno doveva pur sfogarsi, no?
Come dargli torto?
Forse era anche per questo che Tonino non si era mai sposato.
Tuttavia pur senza moglie, qualcosa in comune a suo padre Tonino l’aveva: anche lui non aveva combinato un cazzo. E questo era… spiacevole.
Fu così che un giorno non meglio precisato del mese di maggio del 2011, Tonino formulò un piano… e decise di realizzarlo. E, sempre per questo, un altro giorno non meglio precisato di quello stesso maggio, Tonino si recò a casa di Massimo Scardonazzo, noto ai più con il soprannome di O’Palissandro.
Massimo si era guadagnato quel soprannome in circostanze che risultano ancora poco chiare, ma ai fini del nostro racconto tutto ciò è poco importante. Quello che conta è che qualche anno prima, alla Sagra del Peperone ‘mbuttunato di Chiaiano, il padre di Tonino (da poco uscito di prigione) e quello di Massimo (che ci sarebbe finito di lì a poco), avevano litigato per il possesso di una gigantesca soppressata messa in palio da un salumificio di Pianura. Ne era nata una disputa alquanto accesa che si era conclusa solo qualche ora più tardi, al pronto soccorso del Cardarelli di Napoli, con 16 feriti, 2 contusi lievi e 3 fermi di polizia. Nel caos che era seguito all’evento si erano drammaticamente perse le tracce della soppressata che anche successivamente non era stata mai più rinvenuta nonostante le accanite ricerche dei dipendenti del salumificio.
Ma questa è un’altra storia di cui, semmai, parleremo un’altra volta.
Ai fini del nostro racconto, ciò che conta è che in quella circostanza Tonino fece la conoscenza di Massimiliano O’Palissandro, scoprendo, tra le altre cose, che detto Massimiliano era l’orgoglioso proprietario di un crick non sempre usato per lo scopo per cui i crick sono stati notoriamente progettati. E che il suddetto crick veniva custodito all’interno di un autocarro (usato) con rimorchio (usato anche lui).
Quando, quel giorno imprecisato di maggio, Tonino si reco da O’Palissandro, tutti pensarono che la sua visita fosse legata proprio al crick e all’uso improprio che ne era stato fatto alla Sagra del Peperone. Ma non era così: a Tonino non interessava il crick, a Tonino interessava l’autocarro.
Come è facile intuire O’Palissandro non aveva motivi di simpatia nei confronti di Tonino ed anzi, non sarebbe sbagliato affermare che Tonino gli stava proprio sui coglioni e l’avrebbe volentieri gonfiato come una zampogna.
Era lecito aspettarsi che la situazione sarebbe degenerata in una rissa furibonda, ma non andò così.
Non ci è dato di sapere cosa si siano detti i due in quell’intenso incontro di pochi minuti. Fatto sta che poco dopo il loro incontro, Tonino fu visto allontanarsi vivo, vegeto e sorridente: alla guida dell’autocarro di O’Palissadro.
Il punto, vedete, è che Tonino aveva un piano. Un piano ardito, un piano folle… ma anche glorioso, e per quanto rancore potesse avere O’ Palissandro nei confronti del suo rivale, quel piano era di una bellezza così sublime che mai e poi mai si sarebbe perdonato se non vi avesse partecipato, sia pure solo attraverso il proprio autocarro.
Ma ritorniamo al protagonista della nostra storia.
Tonino, dicevamo, aveva un piano.
Ma non solo.
Tonino adesso aveva anche un autocarro con rimorchio della portata massima di 25 tonnellate di carico.
Se c’era qualcosa che Tonino non aveva, a dirla tutta, era la patente. Forse è anche per questo che lungo la strada il nostro eroe si lasciò dietro una distesa di automobili frantumate. Ma le imprese gloriose ed ardite hanno un prezzo da pagare, e non è sempre detto che quel prezzo lo debba pagare chi partecipa all’impresa.
Tonino aveva un piano dunque, l’abbiamo già detto.
Ed aveva un autocarro.
Non aveva la patente… ma aveva una lista. Una lista di nomi.
Ed è qui che arriviamo al piano di cui si è detto.
Il primo nome della lista era l’ingegner Alfonso Maria Bernascordi, della Chimical Stocazzi Veneta.  In carica dal 1997 al 2002 e responsabile dello smaltimento illegale di 3000 tonnellate di rifiuti tossici in Campania. Il secondo nome era il Dott. Artemiso Altobrandi della Spugnarozza Srl, responsabile dello smaltimento di 2000 tonnellate di fanghi conciari (sempre in Campania ovviamente). Il terzo nome era il Dott. Manlio Allumpani,  amministratore delegato del Gruppo Bresciano Solventi e Solventi Spa, responsabile per altre 4000 tonnellate di rifiuti tossici.


La lista era, ovviamente, incompleta.
Ma era un buon punto di partenza.
E poi c’era il piano, non dimentichiamocelo.
Fu così che durante la notte, l’eroico Tonino, con l’aiuto di pochi altrettanto eroici volontari, caricò tutta la monnezza più nauseabonda che fu in grado di reperire per le strade di Napoli e provincia. Non fu molto difficile… reperirla, s’intende. Caricarla no, invece, fu una smazzata incredibile: ma non si può avere tutto dalla vita e poi… ne valeva la pena.
Tonino caricò, dunque. E poi viaggiò, fino alla regal dimora dell’ingegner Bernascordi, al quale fece omaggio di 5 tonnellate fresche fresche di spazzatura fermentata doc. Fu poi la volta dell’Altobrandi, che aveva una ridente villa sulle colline toscane, con tanto di piscina… a cui Tonino aggiunse approssimativamente 4 tonnellate di pattume assortito. E, infine, fu il turno dell’Allumpani, a cui Tonino elargì generosamente tutto il resto del carico, che finì in parte anche sulla lamborgini e le altre 3 fuoriserie parcheggiate orgogliosamente nel viale.
E mentre Tonino faceva nuovamente rotta verso Napoli, partivano le denunce, ed il passaparola rimbalzava di qua e di là. E il terrore si insinuava nei cuori e nelle menti di chi, a vario titolo, aveva avuto responsabilità nello sversamento selvaggio di rifiuti in Campania.
Alcuni si licenziarono su due piedi e partirono per l’Uzbekistan.
Altri cambiarono nome.
Altri si convertirono e presero i voti (non quelli elettorali, quelli, molti di loro, li avevano presi in precedenza).
Tonino, al suo ritorno, fu accolto da una folla festante e da alcuni rappresentati della legge che, pur con una certa riluttanza, furono costretti a trarlo in arresto.
Tuttavia, lungo il tragitto che portava al commissariato, si persero stranamente le tracce del reo ed ancora oggi si ignora che fine abbia fatto.
Alcuni dicono che viva alle Bahamas accudito e venerato da un gruppo di ragazze avvenenti.
Altri dicono che sia morto eroicamente tentando di portare un ultimo carico ad Arcore.
Ma i più ritengono che sia ritornato a vivere nella sua casetta, proprio lì, a pochi metri dalla discarica di Chiaiano. Ma che, adesso, chissà per quale motivo, non senta più la puzza. O meglio, pare che quella puzza non gli risulti più così intollerabile come avveniva fino a qualche giorno prima.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che Tonino aveva un piano e lo ha realizzato, dimostrando a tutti cosa può fare un uomo determinato.
Il giorno dopo, Cosimo Bufarella, orgoglioso proprietario di un Ape Piaggio usato, caricò tutta la spazzatura presente all’angolo tra Via Medina e Piazza Municipio, e partì alla volta della padania nord occidentale. Due giorni dopo, Assuntina Cecere, caricò la station Wagon del marito (che tra l’altro la tradiva con la shampista del coiffeur di fronte) e partì per il Veneto seguita di lì a poco da Gennaro Mazzarella su un SUV rubato. E… come se si fossero messe d’accordo, nei giorni che seguirono, centinaia di persone comuni, galvanizzate dall’esempio di Tonino, partirono verso il nord Italia, ognuna col proprio carico, formando un’orda inarrestabile, al grido di “Per Tonino, e per noi! State attenti, che stiamo arrivando!”
Quindi il punto, se proprio vogliamo trovarne uno, è questo:

State attenti… stanno arrivando.