Nel film Eroe per
Caso, Bernie Laplante (interpretato magistralmente da Dustin Hoffman) dice:
“[…] la gente non fa
che parlare della verità, tutti sanno sempre qual è la verità: come se fosse
carta igienica, o qualcosa di cui hanno la provvista nella credenza. Man mano
che cresci, capisci che non esiste la verità: esistono solo le stronzate.
Stratificate: uno strato di stronzate sopra un altro. E quello che fai nella
vita, una volta cresciuto, è solo la scelta dello strato di stronzate che
preferisci: che diventano le tue stronzate. Ecco. Capito?”
Questa frase mi ha sempre colpito perché, manco a farlo
apposta, contiene una profonda verità e fotografa l’atteggiamento dell’utente medio di internet.
La rete, infatti, è un proliferare di verità. Tutti sono pronti a
riempirsene la bocca (e la tastiera), rivelando le proprie verità al mondo che,
immancabilmente, reagisce con indignazione, rabbia, orrore e chi più ne ha più
ne metta.
Il più delle volte queste verità sono alla stessa stregua
della carta igienica di cui parlava il buon Bernie Laplante. Sono bufale prive
di alcun fondamento, sono stronzate stratificate messe lì solo per raccogliere
consensi e, a volte, per esporre strategicamente qualcuno al pubblico ludibrio.
La cosa che puntualmente mi lascia allibito, però (e di cui ho già parlato in un altro post) è che non ci vuole davvero niente per
verificare una notizia. Bastano poche cliccate di mouse, un uso basico di
google, e si può subito capire se la notizia sia vera o fasulla. Solo che
nessuno si prende la briga di controllare perché nessuno resiste alla
tentazione di scatenare il proprio urlo di indignazione. L’occasione per
sfogare la propria rabbia e mostrare la propria superiorità ideologica e morale
è tale che si tende a partire in quarta e crocifiggere il nemico, prima ancora
di capire se sia effettivamente colpevole.
Ecco che i Subsonica accusano Morricone di plagio, Vendola
afferma che i bambini devono fare sesso con gli adulti, i parlamentari si raddoppiano
lo stipendio, lo IOR diventa azionista della Beretta (quella delle armi non quella
dei salumi), il bambino viene fatto scendere dall’aereo per inaccettabili
convinzioni animaliste, il delfino muore per colpa dei selfie etc etc…
E se fai timidamente notare che la notizia è falsa (o quanto meno è stata riportata in modo parziale e pretestuoso) vieni
semplicemente ignorato da tutti i post che seguono. Non uno si prende la briga
di leggere il tuo commento, perché sono tutti impegnati a inveire, bava alla
bocca, contro l’universo intero.
Ora, a parte il fatto che se proprio vogliamo indignarci
ci sono tantissimi motivi validi per farlo, senza bisogno di rincorrere le
bufale di internet. La cosa triste è che questo fenomeno si autoalimenta e, un
po’ alla volta, sta cambiando il modo di fare notizia che, da comunicazione
obiettiva dei fatti, si trasforma lentamente in una sorta di “j’accuse” dei poveri. Il titolo sempre più d’impatto
sempre più sensazionalista e ambiguo, per racimolare qualche clic in più anche
quando non ce n’è alcun motivo. E noi, come tanti caproni, tutti dietro… a cliccare il
nostro sdegno e a non fare un cazzo, convinti che l’aver postato la nostra
faccetta arrabbiata su facebook sia più che sufficiente a compensare il culo
attaccato al divano.
E, alla fine, mi sa che in questo modo sono tutti più
contenti.