domenica 30 ottobre 2016

Una parola al giorno (o quasi): VERITA'

Nel finale di un delizioso film di Stephen Frears degli anni '90 (Eroe per Caso), il protagonista, Bernie LaPlante, interpretato da Dustin Hoffman, rivolgendosi al figlio, diceva: 

"Vedi, la gente non fa che parlare della verità, tutti sanno sempre qual è la verità: come se fosse carta igienica, o qualcosa di cui hanno la provvista nella credenza. Man mano che cresci, capisci che non esiste la verità: esistono solo le stronzate. Stratificate: uno strato di stronzate sopra un altro. E quello che fai nella vita, una volta cresciuto, è solo la scelta dello strato di stronzate che preferisci: che diventano le tue stronzate"
Questa è, probabilmente, la frase sulla verità che preferisco in assoluto perché, manco a farlo apposta, è estremamente e drammaticamente "vera".
La nostra intera esistenza è circondata dall'impetuoso mare del dubbio e dell'ignoranza. Un mare che, inutile dirlo, incute timore e, forse proprio per questo, è un mare in cui abbiamo disseminato a perdita d'occhio migliaia di isolette che rappresentano le verità a cui ci ancoriamo per non andare alla deriva. 
Verità a cui crediamo con tutto il nostro essere. 
Alcune ci sono state tramandate dai nonni, altre dai nostri insegnanti, altre dai libri, dalla televisione e, più di recente, da internet, altre ancora ce le siamo costruite da soli con certosino impegno.
Alcune di esse sono addirittura vere, ma, come spesso accade, tra millemila verità si nascondono ancor più falsità, opportunamente camuffate, con travestimenti così riusciti che noi, spesso, crediamo più alle verità fasulle che a quelle vere e finiamo per costruire il tremolante castello delle nostre convinzioni su basi d'argilla.
Tanto per fare un esempio banalissimo di quanto le errate convinzioni facciano parte della nostra quotidianità basti pensare alla nostra incrollabile certezza che gli spinaci siano l'alimento più ricco di ferro che esista al mondo.

Beh, alcuni di voi si sorprenderanno ma questa convinzione risale prima di tutto a un errore di trascrizione [apro parentesi: sull'errore esistono due diverse versioni che attribuiscono il misfatto rispettivamente al chimico tedesco von Wolf (anno 1870) e al fisiologo von Bunge (1890) colpevoli di aver sbagliato a posizionare la virgola dei decimali decuplicando il valore del contenuto di ferro degli spinaci]. Nel 1937 l'errore è stato rettificato, ma ormai era tardi... Braccio di Ferro era già stato creato.
Altro esempio, più vicino alla mia esperienza quotidiana (l'evento che vado a raccontare ha, di fatto, ispirato questo post), è questo:
Stamattina stavo sonnecchiando nel mio letto, col gatto sui piedi quando, come molti di voi sapranno, si è verificata una cazzarola di scossa di terremoto di magnitudo 6.5 con epicentro tra Norcia e Preci.
Orbene, da bravo napoletano ho una certa dimestichezza con le scosse di sismiche e, benché ancora mezzo rincoglionito dal sonno, l'ho sentita. Ma per essere sicuro di non essermi fatto un film o di avvertire, in realtà, un principio di parkinson galoppante, ho immediatamente alzato gli occhi verso il lampadario che però, date le sue caratteristiche, non è un elemento oscillante e non mi ha potuto fornire alcun tipo di indicazione valida. Allora ho guardato il gatto e il gatto... ha continuato a dormire placidamente arrotolato sui miei piedi.

Cresciuto a pane e documentari e ben consapevole che gli animali siano in grado di percepire i fenomeni sismici con un certo anticipo rispetto agli esseri umani, di fronte all'indolente e rassicurante sonnecchiamento del mio gatto, mi sono dunque tranquillizzato e ho archiviato il tutto come un esempio di quella che viene tecnicamente definita "pippa mentale".
Ho ripreso a dormire salvo scoprire più tardi che il terremoto c'era stato, che il mio gatto è un coglione e che, ancora una volta, il buon vecchio Bernie aveva ragione...

venerdì 7 ottobre 2016

Una parola al giorno (o quasi): SELFIE

C'è stato un mondo felice, non tanto tempo fa, in cui i selfie non esistevano, e le persone erano sé stesse.
Poi, un giorno, tutto è cambiato.
Per chi ama la fotografia (pur se in modo dilettantesco), come me, avere a che fare con i selfie è complicato e attraversa fasi estremamente conflittuali.


Non che io sia un tipo all'antica o abbia avversione per le mode. Per me ognuno è libero di fare quel che gli pare, e se sente l'esigenza di provare la "magnum" ammiccando al proprio cellulare, ben venga. 
Il problema è che i "selfiesti" infestano ogni luogo e finiscono per costituire una gran rottura di coglioni perché si arroccano davanti a panorami e monumenti, e non si schiodano fin a che non sono riusciti a immortalare la loro espressione da imbecilli in millemila selfie da spammare poi su instagram, facebook, sgaragnaus e tutti i social di questo beneamato cazzo. 
Un esercito di improbabili individui che, fino al fatidico momento in cui hanno impugnato un cellulare scoprendo con stupore e meraviglia l'esistenza della fotocamera anteriore, non erano stati sfiorati neanche lontanamente dalla remota idea di scattar foto e, forse proprio per questo motivo, mancano di discrezione e gusto ma, soprattutto, non si pongono il problema di essere invadenti "otticamente parlando". 
Sciamano come un'infestazione purulenta, intasano gli spazi, entrano nelle tue inquadrature "corrompendo" chiese, monumenti, piazze, acque azzurre e acque chiare, montagne verdi e i verdi pascoli di chi gli è stramuorto... il tutto inconsapevolmente e anche abbastanza inutilmente perché il selfie è oggettivamente BRUTTO come è inevitabilmnente brutto qualsiasi ritratto fatto con una lente grandangolare a pochi centimetri dalla faccia.
Mi si dirà che il selfie non vuole essere "bello", vuole solo catturare un momento, e io questo posso anche capirlo... ma che sia, appunto, un momento, non mezz'ora... cazzo.

mercoledì 5 ottobre 2016

Una parola al giorno (o quasi): OSSIMORO

ossimoro
  1. Figura retorica consistente nell'accostare, nella medesima locuzione, parole che esprimono concetti contrari.


Dovendo spiegare in modo immediato e facilmente comprensibile l'ossimoro, la prima cosa che mi viene in mente sono gli Stati Uniti Uniti d'America.
Gli USA, infatti, sono capaci di accostare, all'interno della locuzione "grande Nazione", concetti antitetici quali "libertà" e "schiavitù", tanto per fare un esempio, e convivere allegramente con entrambi.

 
Le contradizioni fanno parte della natura umana, forse è l'uomo l'ossimoro vivente più grande che esista. Ma gli Stati Uniti hanno dell'incredibile perché sono un miscuglio perfetto di spinta in avanti e all'indietro quasi simultanee: teatro di grandi battaglie per l'emancipazione dei diritti della comunità gay, lesbo e Transgender, molto più avanti dell'Italia (lo so non ci vuole molto) per quanto riguarda i matrimoni e le adozioni gay, ci si aspetterebbe che fossero quasi una specie di paradiso, se non per le minoranze etniche, almeno per chi vuole essere libero di innamorarsi di chi gli pare e vivere serenamente la propria sessualità. Invece sono anche il posto dove il vice di Trump, Mike Pence, ha firmato il Religious Freedom Restoration Act, in base al quale, prima che mezzo stato si rivoltasse costringendolo a una parziale revisione, per motivi religiosi ci si poteva rifiutare di fornire servizi (attenzione stiamo parlando di servizi commerciali, non servizietti) ai gay...

Se non è un ossimoro questo che cos'è?
Ah già, forse è solo stupida arrogante ignoranza...


domenica 2 ottobre 2016

Una parola al giorno (o quasi): Donna

Quello che segue è un discorso "pericoloso", quindi:

DISCLAIMER 
Invito tutte le donne a prenderla nel modo giusto e, a scanso di equivoci, ribadisco la mia condanna nei confronti di qualsiasi tipo di molestia sessuale ai danni della creatura più complessa, affascinante e meravigliosa dell'universo.

Detto questo...

Visitando la Reggia di Caserta, mi sono imbattuto nella meravigliosa fontana di Diana e Atteone che raffigura il celebre e sfortunato incontro tra il giovane cacciatore e la dea.

Per chi non conoscesse i dettagli della vicenda, eccoli riassunti qui di seguito:

Era una giornata calda, e la bella Diana aveva pensato giustamente di rinfrescarsi e sollazzarsi nelle acque della fonte Parteia. Mentre la bella dea sguazzava e scherzava col suo seguito di ninfe ridanciane... nuda come mamma l'aveva fatta, il povero Atteone, che se ne andava bel bello a caccia col suo branco di cani e a tutto pensava tranne che alle femmine o a eventuali "postegge", ebbe la sfiga di imbattersi in quell'imprevisto ma, si suppone, piacevole, teatrino.
Quando Diana si avvide del cacciatore e, soprattutto, del suo sguardo indiscreto che scivolava indesiderato e invadente sulle di lei voluttà carnose, si incazzò come solo una dea femmina sa fare e lo trasformò in un cervo. Atteone, con la prontezza e la perspicacia che contraddistingue spesso l'uomo che fa incazzare una donna, scappò senza neanche rendersi conto di essere diventato un cervo e i suoi stessi cani, non riconoscendo più il padrone, lo sbranarono.

Ecco... mi sembra che questo simpatico aneddoto sia esemplificativo del complesso rapporto tra uomini e donne.

Tutto qui.

sabato 1 ottobre 2016

Una parola al giorno (o quasi): ALIBI

Esiste una particolare categoria di guidatori che ritiene l’uso delle quattro frecce una sorta di “salva tutti” del codice della strada: se metti le quattro frecce, non sei solo giustificato, ma sei proprio autorizzato a fermarti un po’ dove cazzo ti pare, qualunque sia il motivo, e nessuno può azzardarsi a sollevare la benché minima obiezione perché le quattro frecce sono più potenti della bacchetta di Voldemort e dell’Unico Anello messi insieme.

Allargando il concetto alla vita quotidiana extrastradale, tutti noi abbiamo una specie di dispositivo mentale che sostituisce perfettamente quello automobilistico.  
E’ quel meccanismo pronto a scattare quando facciamo qualcosa di scorretto e che, al pari delle quattro frecce, ci fa sentire giustificati e autorizzati a comportarci da stronzi.

Ok, non pago le tasse, ma è colpa del governo.
Vabbè, sono passato davanti a tutti nella fila al supermercato, ma io ho i figli a casa e non posso perdere tempo.
E’ vero, ho messo le corna a mia moglie, ma lei mi trascurava.
Sì, ho lasciato quel vecchietto moribondo in piedi per tutto il tragitto della metro, ma a scuola mi sono stancato da morire.
In ufficio faccio i cazzi miei al computer, ma è colpa del capo che mi fa lavorare troppo.
Etc etc…

Ogni nefandezza ha pronto il suo alibi, basta premere il tasto al momento giusto, anzi, ormai siamo diventati così bravi che non bisogna premere niente, le quattro frecce si accendono spontaneamente, appena ce n’è bisogno… così possiamo dormire sonni tranquilli e mantenere la nostra coscienza immacolata come la neve.


Tic – tic –tic – tic - tic…