giovedì 16 giugno 2016

Una parola al giorno (o quasi): PROSPETTIVA

Esiste una strana norma non scritta, ma nota a tutti, che regola il delicato rapporto tra i fruitori di un prodotto artistico e il prodotto stesso, si chiama la “proprietà transitiva delle qualità”, in base alla quale le peculiarità del personaggio si trasferiscono automaticamente all’attore che le interpreta. In senso più ampio lo stesso concetto vale per cantanti, ballerini, scrittori e altri artisti di vario genere. Chi canta canzoni così belle, non può che essere una bella persona, chi scrive romanzi così toccanti di sicuro è particolarmente sensibile, chi presenta in televisione ed è sempre così simpatico, sarà delizioso anche nella vita privata…
Beh ho una notizia da darvi: NON E’ COSÌ.
L’attore che interpreta così bene l’uomo dei sogni di molte donne, sullo schermo, può tranquillamente rivelarsi, in privato, un amante rozzo e insoddisfacente. L’eroe senza macchia che ha guidato gli scozzesi verso la libertà, può essere un razzista della peggior specie. Il pittore di quel quadro meraviglioso potrebbe anche essere un viscido pedofilo. Saper recitare, cantare, dipingere non implica, automaticamente, che si sia delle belle persone.
E se questo è vero… ed è vero, ovviamente vale anche il contrario.
Se sei un pezzo di merda sullo schermo, non vuol dire necessariamente che tu sia una brutta persona e, soprattutto, le azioni che si compiono quando si interpreta un personaggio non definiscono in alcun modo l’uomo che ha rivestito quel determinato ruolo.
Qualcuno, probabilmente, penserà che io stia dicendo un’ovvietà di proporzioni colossali.
Ma da quello si legge da anni in alcuni forum dedicati a UPAS o a altre serie televisive, e da quello che sta succedendo in questi giorni dopo la messa in onda dell’ultimo episodio di GOMORRA, si può facilmente capire che non è così. Che il mondo è ancora pieno di lobotomizzati cerebrolesi che non riescono a distinguere tra finzione e realtà.


Detto questo, sei stato grande Patsy.

lunedì 13 giugno 2016

Una parola al giorno (o quasi): PAROLE

L’altro giorno ho portato Luca al Paint-ball.
Ci siete mai stati?
E’ un simpatico posto dove ti danno un “affare” che non devi chiamare fucile, caricato ad aria compressa, che spara proiettili di vernice.
Una figata insomma.
Avercelo avuto ai miei tempi un posto così… cioè, io da piccolo giocavo a “cowboy e indiani” con tristissime pistole di plastica che facevano solo il rumore dello sparo,  e neanche sempre, perché i colpi spesso erano difettati.
Eppure il richiamo della battaglia era irresistibile! Insomma, benché sia profondamente pacifista dentro, apprezzo i giochi di guerra, quindi non mi scandalizzo e non faccio la morale a nessuno se, ogni tanto, ci si vuole divertire sparando proiettili di vernice in faccia a qualcuno.
Quello che però mi lascia perplesso, del paint-ball, è che, come nella stragrande maggioranza delle cose di questa società contemporanea, l’attività è regolata dalla più profonda ipocrisia.
Al giorno d’oggi puoi fare quello che vuoi, ma non devi chiamare le cose col loro nome, perché o è offensivo, o è inelegante o è sconveniente. Dobbiamo essere sempre politically correct.
Quindi il paint-ball diventa uno sport, non un gioco di guerra - e questo mi può anche star bene - ma, soprattutto, l’affare che ti danno in mano e che spara le pallottole di vernice non va chiamato fucile. NOSSIGNORE! E’ un marcatore.
E mentre ti fanno tutto il loro bel discorsetto, tu annuisci comprensivo e pensi:
“Ma sì, è giusto così! Diamo un bel messaggio a questi ragazzi, più sport e meno Gomorra… marcatori, quelli sono marcatori, non armi!”

Carico di pensieri positivi e di amore per l’umanità, sorridi all’istruttore che sta finendo di spiegare le regole ai ragazzini e poi gli fai un cenno di approvazione. Lui ricambia e conclude il discorso: “Ok ragazzi, allora, il primo gioco che facciamo si chiama Headshot, e si vince solo con colpi alla testa, poi facciamo agguato al presidente, in cui l’obiettivo è colpire il caposquadra degli avversari, poi un normale deathmatch, e il gioco della bomba!”
La musichetta celestiale va in frantumi e non puoi fare a meno di chiederti che senso abbia rifiutarsi di chiamare i fucili fucili, se poi devi usarli per sparare in testa alla gente…
Fatte le dovute proporzioni è un po’ come per i siti delle escort in cui c’è scritto, “Le tariffe si riferiscono solo alla mia compagnia, quello che poi succede in privato tra due persone che si piacciono, è un discorso a parte” come a dire: mi faccio pagare e te la do, ma le due cose non sono correlate… altrimenti sarei una puttana.

Le parole sono importanti, ma a volte dovremmo avere il coraggio di usare quelle giuste, non quelle più comode.


sabato 4 giugno 2016

UNA PAROLA AL GIORNO (o quasi): DIO

MEMORIE DI DIO
(appunti sparsi)


C’è una cosa che la gente non capisce di me.
Beh ce ne sono tante a dire il vero. Ed a rifletterci è abbastanza inevitabile, no? Come potreste capirmi?
Cioè… stiamo parlando di Dio. Colui che è, che è stato e che sarà. Il creatore di tutte le cose visibili e invisibili... scusate se è poco.
Di fronte a una tale grandezza è logico che l’intelletto umano vacilli, si perda e si confonda. Non ci vuole molto ad arrivarci eppure -  e questa è la parte buffa e anche un po’ patetica – il mondo è pieno di persone che pensano di potermi capire… se non è presunzione questa, ditemi voi!
Comunque, dicevo, c’è una cosa importante, la principale probabilmente, che voi proprio non capite di me, ed è la distanza: l’enorme sconfinata, incolmabile distanza emotiva che ci separa.
L’onnipotenza è qualcosa di abbastanza totalizzante.
Essere il principio e l’inizio di ogni cosa è... roba grossa ragazzi. Lo so, lo so, ne parlavamo un attimo fa, non potete capire, ma forse, potete provare almeno a immaginare l’enorme distanza che io sento da voi.
Nella vostra ingenua fiducia in me, voi pensate che io debba provare amore tutte le creature viventi. Probabilmente effettuate a livello istintivo una sorta di trasfert tra quello che, per esempio, provate per i vostri animali domestici e, di conseguenza, venite a fare le fusa nei vostri luoghi di culto anelando una mia benevola carezza convinti, abbastanza presuntuosamente, di meritarla. In fondo, se voi  amate profondamente e indiscutibilmente creature inferiori come i vostri cani, gatti, topi, furetti che dir si voglia, perché io non dovrei fare altrettanto con voi?
Beh la risposta è semplice: perché io sono Dio e voi non siete un cazzo.
C'è un bella differenza.
Voi siete molto simili ai vostri animali anzi, in alcuni casi, i vostri animali sono molto meglio di voi. Ma comunque, avete esigenze simili. Dovete mangiare, dormire, cacare, scopare… in altre parole voi potete capirvi. 
Ma non potete capire me e io, sinceramente, non sono interessato a capire voi per il semplice fatto che siete assolutamente e irrimediabilmente insignificanti.

Se riusciste ad accettare questo semplice concetto, i nostri rapporti sarebbero di certo più semplici e, probabilmente, più soddisfacenti, almeno per voi…