lunedì 13 giugno 2016

Una parola al giorno (o quasi): PAROLE

L’altro giorno ho portato Luca al Paint-ball.
Ci siete mai stati?
E’ un simpatico posto dove ti danno un “affare” che non devi chiamare fucile, caricato ad aria compressa, che spara proiettili di vernice.
Una figata insomma.
Avercelo avuto ai miei tempi un posto così… cioè, io da piccolo giocavo a “cowboy e indiani” con tristissime pistole di plastica che facevano solo il rumore dello sparo,  e neanche sempre, perché i colpi spesso erano difettati.
Eppure il richiamo della battaglia era irresistibile! Insomma, benché sia profondamente pacifista dentro, apprezzo i giochi di guerra, quindi non mi scandalizzo e non faccio la morale a nessuno se, ogni tanto, ci si vuole divertire sparando proiettili di vernice in faccia a qualcuno.
Quello che però mi lascia perplesso, del paint-ball, è che, come nella stragrande maggioranza delle cose di questa società contemporanea, l’attività è regolata dalla più profonda ipocrisia.
Al giorno d’oggi puoi fare quello che vuoi, ma non devi chiamare le cose col loro nome, perché o è offensivo, o è inelegante o è sconveniente. Dobbiamo essere sempre politically correct.
Quindi il paint-ball diventa uno sport, non un gioco di guerra - e questo mi può anche star bene - ma, soprattutto, l’affare che ti danno in mano e che spara le pallottole di vernice non va chiamato fucile. NOSSIGNORE! E’ un marcatore.
E mentre ti fanno tutto il loro bel discorsetto, tu annuisci comprensivo e pensi:
“Ma sì, è giusto così! Diamo un bel messaggio a questi ragazzi, più sport e meno Gomorra… marcatori, quelli sono marcatori, non armi!”

Carico di pensieri positivi e di amore per l’umanità, sorridi all’istruttore che sta finendo di spiegare le regole ai ragazzini e poi gli fai un cenno di approvazione. Lui ricambia e conclude il discorso: “Ok ragazzi, allora, il primo gioco che facciamo si chiama Headshot, e si vince solo con colpi alla testa, poi facciamo agguato al presidente, in cui l’obiettivo è colpire il caposquadra degli avversari, poi un normale deathmatch, e il gioco della bomba!”
La musichetta celestiale va in frantumi e non puoi fare a meno di chiederti che senso abbia rifiutarsi di chiamare i fucili fucili, se poi devi usarli per sparare in testa alla gente…
Fatte le dovute proporzioni è un po’ come per i siti delle escort in cui c’è scritto, “Le tariffe si riferiscono solo alla mia compagnia, quello che poi succede in privato tra due persone che si piacciono, è un discorso a parte” come a dire: mi faccio pagare e te la do, ma le due cose non sono correlate… altrimenti sarei una puttana.

Le parole sono importanti, ma a volte dovremmo avere il coraggio di usare quelle giuste, non quelle più comode.


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