venerdì 13 giugno 2014

Una parola al giorno (o quasi): DISONESTA'

Quello che non mi piace del calcio... è il calcio.
Nel senso che le cose che non mi piacciono, permeano il calcio diventandone parte integrante al di là dello sport in sé che, in altre circostanze, sarebbe anche gradevole.
C'è la porta. Anzi due.
C'è un pallone.
Gente che corre, che fa goal.
Fosse tutto lì... andrebbe bene.
Il fatto è che, non so perché, intorno al calcio si condensa tutto il peggio dell'umanità.
E non mi riferisco solo alle tifoserie più accanite. Agli ultras di cui si è tanto parlato nei mesi scorsi.
Mi riferisco proprio all'essenza del gioco del calcio.
Come se 'sto fatto di dover buttare il pallone dentro la porta, a tutti costi, facesse da catalizzatore al magma più disgustoso delle pulsioni umane.
Per carità, non è sempre stato così, lo so.
C'è stato un tempo i cui i calciatori avevano una certa dignità. Gente che sgroppava su e giù per il campo. Senza sponsor, senza calzerotti griffati e senza veline.
Gente che faceva il suo porco mestiere con sincerità e onestà.
Gente che non c'è più.
Adesso le cose sono cambiate. I calciatori sono cambiati e un po' è anche colpa nostra che trattiamo qualsiasi coglione come una divinità, solo perché sa prendere a calci un pallone.
Così il calcio pian piano si è trasformato in una messa in scena delle nostre miserie.
Un fenomeno così esteso, così capillare, da non riguardare solo il grande evento calcistico, quello dove ci sono milioni in ballo, ma il calcio in tutte le sue forme, fino alla partitella del torneo scolastico di quinta elementare, dove i genitori si prendono a botte a bordo campo, mentre i figli li guardano un po' stravolti.
Il fatto è che, diciamocelo, l'essere umano è un po' una schifezza.
Noi cerchiamo di non pensarci, cerchiamo di dimenticarcelo. Ma è così.
L'uomo è capace, saltuariamente (molto saltuariamente) di grandi gesti, di epica passione, di sublime ispirazione artistica, ma molto più spesso, quello che gli riesce meglio sono le piccole miserie, la cialtroneria, l'egoismo e la disonestà.
Tutto questo peggio trova esaltazione e rappresentazione nel gioco del calcio.
Non so perché tra tanti sport il calcio meriti questo primato. Ma tant'è.

E' la perfetta rappresentazione di quello spirito un po' cialtrone, un po' furbo un po' violento di cui il nord Italia accusa il meridione, il nord europa accusa l'Italia intera, ma che a ben vedere alberga in tutte le longitudini e le latitudini.
Quello spirito infingardo per cui, se posso, ti fotto... tanto nessuno se ne accorge, reso ancor più disgustoso dal fatto che ormai, in realtà, con diecimila telecamere che inquadrano ogni angolo del campo di calcio, ce ne accorgiamo tutti...
Ma non ha importanza.L'importante è essere i più furbi.
Ed ecco che, allora, può capitare che alla partita inaugurale dei mondiali, un giocatore della squadra favorita, una squadra piena di campioni, una squadra che, porco cazzo, dovrebbe aver un minimo di orgoglio, frani improvvisamente in area di rigore, guadagnando un rigore assolutamente immeritato. 
E che un altro giocatore, tra i più pagati al mondo, dotato di un enorme talento, vada a tirare quel rigore ed esulti orgogliosamente per una rete segnata che, di fatto, non è che un furto. E che milioni di tifosi brasiliani gioiscano a loro volta per queste prodezze, fieri dei loro giocatori e della loro squadra quando, invece, dovrebbero incazzarsi come bisce appena calpestate da uno scarpone chiodato.
Perché vincere così dovrebbe essere inaccettabile. Dovrebbe essere oltraggioso. Perché vincere così è un po' come perdere.

Ecco perché, a dirla tutta, il calcio mi fa girare i coglioni.

lunedì 2 giugno 2014

VideoGame - Le Cronache dell'Invasione e dei Prodi che vi opposero

Ho aperto un altro blog dedicato interamente a questa mia fatica, ma lo scrivo anche qui per completezza: da ieri su Amazon e su altre librerie virtuali è disponibile questo romanzo fantasy/umoristico adatto un po' a tutti, dai ragazzi agli adulti non troppo cresciuti (come me).


La sua genesi è un po' particolare e merita un breve cenno.
Ho iniziato a scrivere questa storia approssimativamente 30 anni fa, quando ero giovane, atletico (sigh) e pieno di iniziative. La stesura dei primi capitoli venne fatta con un commodore 64 e una stampante ad aghi. Poi, preso da impegni lavorativi, cose della vita e una certa sfiducia nell'editoria, accantonai il progetto che finì, alla faccia dell'originalità, in un cassetto.
Molti anni dopo quel cassetto è stato riaperto da mio figlio Stefano che, senza alcuna pressione da parte mia (lo giuro e, del resto, chi ha dei figli adolescenti sa bene che qualsiasi pressione in tal senso non sarebbe servita a niente) ha cominciato a leggerlo.
Una sera, rientrando a casa, l'ho trovato sul letto con la "mappazza" di fogli davanti, che ridacchiava sonoramente.
La storia però finiva senza fine, visto che mi ero interrotto più o meno a 2/3 del racconto. Ed è stato quindi stimolato dalle sue esortazioni e dalle sue minacce (a cui si è successivamente unito anche il secondogenito Fabio) che ho ripreso in mano il romanzo.
Da quel momento in realtà sono passati un altro paio di anni perché la rielaborazione (a 30 anni di distanza) mi ha portato quasi a una totale riscrittura. Il risultato finale, però, ha soddisfatto le aspettative di tutti e tre i miei figli (e anche del sottoscritto, ma io conto relativamente) e di tutti gli amici "cavie" a cui l'ho sottoposto.
Credo che il suo segreto sia che mi sono davvero divertito scrivendo ogni parola di questa storia. Non ci sono stati momenti di stanca, di sforzo, di noia, durante questo lavoro. Solo un sano entusiasmo reso ancor più spontaneo dalle reazioni dei miei figli.
Ecco perché lo consiglio anche a tutti voi.

Un abbraccio, dario.

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e tanti altri...