mercoledì 11 maggio 2011

Una parola al giorno (o quasi): GIUSTIZIA

LA BALLATA DI TONINO ESPOSITO


Tonino era un uomo semplice. Normale, mediocre… come tanti altri insomma.
A guardarlo di sfuggita, mentre camminava in mezzo alla gente, non si sarebbe detto che avesse nulla di caratteristico, nulla degno di nota… a guardarlo di sfuggita.
Ma concedendogli anche solo una seconda occhiata, un minimo più attenta della prima, si capiva subito che quell’uomo aveva qualcosa di speciale: infatti Tonino aveva un piano.
Ma andiamo per ordine.
Tonino Esposito era nato il 14 giugno del 1971 a Napoli, quindi, come i più astuti avranno certamente intuito, nel 2011 (l'anno in cui si svolge la nostra storia) stava per compiere 40 anni.
Questo traguardo non mancava di suscitare in lui una certa inquietudine, soprattutto ricordando il giorno in cui suo padre aveva compiuto gli stessi 40 anni, ed aveva riempito di botte la moglie (nonché madre di Tonino) spiegando poi alla polizia che non aveva potuto farne a meno… era il suo compleanno, aveva 40 anni! Si rendevano conto?! 40 anni e non aveva combinato un cazzo nella sua vita! I carabinieri gli avevano giustamente chiesto cosa c’entrasse questo con l’aggressione ai danni della moglie ed il padre di Tonino aveva candidamente risposto che non c’entrava niente, ma con qualcuno doveva pur sfogarsi, no?
Come dargli torto?
Forse era anche per questo che Tonino non si era mai sposato.
Tuttavia pur senza moglie, qualcosa in comune a suo padre Tonino l’aveva: anche lui non aveva combinato un cazzo. E questo era… spiacevole.
Fu così che un giorno non meglio precisato del mese di maggio del 2011, Tonino formulò un piano… e decise di realizzarlo. E, sempre per questo, un altro giorno non meglio precisato di quello stesso maggio, Tonino si recò a casa di Massimo Scardonazzo, noto ai più con il soprannome di O’Palissandro.
Massimo si era guadagnato quel soprannome in circostanze che risultano ancora poco chiare, ma ai fini del nostro racconto tutto ciò è poco importante. Quello che conta è che qualche anno prima, alla Sagra del Peperone ‘mbuttunato di Chiaiano, il padre di Tonino (da poco uscito di prigione) e quello di Massimo (che ci sarebbe finito di lì a poco), avevano litigato per il possesso di una gigantesca soppressata messa in palio da un salumificio di Pianura. Ne era nata una disputa alquanto accesa che si era conclusa solo qualche ora più tardi, al pronto soccorso del Cardarelli di Napoli, con 16 feriti, 2 contusi lievi e 3 fermi di polizia. Nel caos che era seguito all’evento si erano drammaticamente perse le tracce della soppressata che anche successivamente non era stata mai più rinvenuta nonostante le accanite ricerche dei dipendenti del salumificio.
Ma questa è un’altra storia di cui, semmai, parleremo un’altra volta.
Ai fini del nostro racconto, ciò che conta è che in quella circostanza Tonino fece la conoscenza di Massimiliano O’Palissandro, scoprendo, tra le altre cose, che detto Massimiliano era l’orgoglioso proprietario di un crick non sempre usato per lo scopo per cui i crick sono stati notoriamente progettati. E che il suddetto crick veniva custodito all’interno di un autocarro (usato) con rimorchio (usato anche lui).
Quando, quel giorno imprecisato di maggio, Tonino si reco da O’Palissandro, tutti pensarono che la sua visita fosse legata proprio al crick e all’uso improprio che ne era stato fatto alla Sagra del Peperone. Ma non era così: a Tonino non interessava il crick, a Tonino interessava l’autocarro.
Come è facile intuire O’Palissandro non aveva motivi di simpatia nei confronti di Tonino ed anzi, non sarebbe sbagliato affermare che Tonino gli stava proprio sui coglioni e l’avrebbe volentieri gonfiato come una zampogna.
Era lecito aspettarsi che la situazione sarebbe degenerata in una rissa furibonda, ma non andò così.
Non ci è dato di sapere cosa si siano detti i due in quell’intenso incontro di pochi minuti. Fatto sta che poco dopo il loro incontro, Tonino fu visto allontanarsi vivo, vegeto e sorridente: alla guida dell’autocarro di O’Palissadro.
Il punto, vedete, è che Tonino aveva un piano. Un piano ardito, un piano folle… ma anche glorioso, e per quanto rancore potesse avere O’ Palissandro nei confronti del suo rivale, quel piano era di una bellezza così sublime che mai e poi mai si sarebbe perdonato se non vi avesse partecipato, sia pure solo attraverso il proprio autocarro.
Ma ritorniamo al protagonista della nostra storia.
Tonino, dicevamo, aveva un piano.
Ma non solo.
Tonino adesso aveva anche un autocarro con rimorchio della portata massima di 25 tonnellate di carico.
Se c’era qualcosa che Tonino non aveva, a dirla tutta, era la patente. Forse è anche per questo che lungo la strada il nostro eroe si lasciò dietro una distesa di automobili frantumate. Ma le imprese gloriose ed ardite hanno un prezzo da pagare, e non è sempre detto che quel prezzo lo debba pagare chi partecipa all’impresa.
Tonino aveva un piano dunque, l’abbiamo già detto.
Ed aveva un autocarro.
Non aveva la patente… ma aveva una lista. Una lista di nomi.
Ed è qui che arriviamo al piano di cui si è detto.
Il primo nome della lista era l’ingegner Alfonso Maria Bernascordi, della Chimical Stocazzi Veneta.  In carica dal 1997 al 2002 e responsabile dello smaltimento illegale di 3000 tonnellate di rifiuti tossici in Campania. Il secondo nome era il Dott. Artemiso Altobrandi della Spugnarozza Srl, responsabile dello smaltimento di 2000 tonnellate di fanghi conciari (sempre in Campania ovviamente). Il terzo nome era il Dott. Manlio Allumpani,  amministratore delegato del Gruppo Bresciano Solventi e Solventi Spa, responsabile per altre 4000 tonnellate di rifiuti tossici.


La lista era, ovviamente, incompleta.
Ma era un buon punto di partenza.
E poi c’era il piano, non dimentichiamocelo.
Fu così che durante la notte, l’eroico Tonino, con l’aiuto di pochi altrettanto eroici volontari, caricò tutta la monnezza più nauseabonda che fu in grado di reperire per le strade di Napoli e provincia. Non fu molto difficile… reperirla, s’intende. Caricarla no, invece, fu una smazzata incredibile: ma non si può avere tutto dalla vita e poi… ne valeva la pena.
Tonino caricò, dunque. E poi viaggiò, fino alla regal dimora dell’ingegner Bernascordi, al quale fece omaggio di 5 tonnellate fresche fresche di spazzatura fermentata doc. Fu poi la volta dell’Altobrandi, che aveva una ridente villa sulle colline toscane, con tanto di piscina… a cui Tonino aggiunse approssimativamente 4 tonnellate di pattume assortito. E, infine, fu il turno dell’Allumpani, a cui Tonino elargì generosamente tutto il resto del carico, che finì in parte anche sulla lamborgini e le altre 3 fuoriserie parcheggiate orgogliosamente nel viale.
E mentre Tonino faceva nuovamente rotta verso Napoli, partivano le denunce, ed il passaparola rimbalzava di qua e di là. E il terrore si insinuava nei cuori e nelle menti di chi, a vario titolo, aveva avuto responsabilità nello sversamento selvaggio di rifiuti in Campania.
Alcuni si licenziarono su due piedi e partirono per l’Uzbekistan.
Altri cambiarono nome.
Altri si convertirono e presero i voti (non quelli elettorali, quelli, molti di loro, li avevano presi in precedenza).
Tonino, al suo ritorno, fu accolto da una folla festante e da alcuni rappresentati della legge che, pur con una certa riluttanza, furono costretti a trarlo in arresto.
Tuttavia, lungo il tragitto che portava al commissariato, si persero stranamente le tracce del reo ed ancora oggi si ignora che fine abbia fatto.
Alcuni dicono che viva alle Bahamas accudito e venerato da un gruppo di ragazze avvenenti.
Altri dicono che sia morto eroicamente tentando di portare un ultimo carico ad Arcore.
Ma i più ritengono che sia ritornato a vivere nella sua casetta, proprio lì, a pochi metri dalla discarica di Chiaiano. Ma che, adesso, chissà per quale motivo, non senta più la puzza. O meglio, pare che quella puzza non gli risulti più così intollerabile come avveniva fino a qualche giorno prima.
Ma non è questo il punto.
Il punto è che Tonino aveva un piano e lo ha realizzato, dimostrando a tutti cosa può fare un uomo determinato.
Il giorno dopo, Cosimo Bufarella, orgoglioso proprietario di un Ape Piaggio usato, caricò tutta la spazzatura presente all’angolo tra Via Medina e Piazza Municipio, e partì alla volta della padania nord occidentale. Due giorni dopo, Assuntina Cecere, caricò la station Wagon del marito (che tra l’altro la tradiva con la shampista del coiffeur di fronte) e partì per il Veneto seguita di lì a poco da Gennaro Mazzarella su un SUV rubato. E… come se si fossero messe d’accordo, nei giorni che seguirono, centinaia di persone comuni, galvanizzate dall’esempio di Tonino, partirono verso il nord Italia, ognuna col proprio carico, formando un’orda inarrestabile, al grido di “Per Tonino, e per noi! State attenti, che stiamo arrivando!”
Quindi il punto, se proprio vogliamo trovarne uno, è questo:

State attenti… stanno arrivando.