venerdì 16 giugno 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): Sinergia

Azione combinata e contemporanea, collaborazione, cooperazione di più elementi in una stessa attività, o per il raggiungimento di uno stesso scopo o risultato, che comporta un rendimento maggiore di quello ottenuto dai varî elementi separati... [cit. TRECCANI]

Detta così la sinergia sembrerebbe una cosa positiva. Ma poichè l'essere umano è pur sempre una mezza merda, ha trovato il modo di applicare il concetto di sinergia anche laddove non  ce ne sarebbe  stato bisogno, ottenendo risultati decisamente deprecabili ma, intuile dirlo, molto efficaci.

Uno dei più mirabolanti esempi  di questo tipo di sinergia lo possiamo ritrovare quando la malafede incontra la stupidità, perché quello è il momento in cui le bufale nascono, crescono e si diffondono.
Basta aprire facebook per rendersi conto di quanti individui siano pronti a  condividere con soddisfazione, indignazione e anche un po' di sordido godimento, le più  assurde puttanate, senza rendersi conto di essere solo dei burattini  in mano a un manipolo di disonesti che strumentalizzano la  loro creduloneria.
Detto questo volevo solo aggiungere che, personalmente, io sto  con  la Boldrini, anche perché è  la sorella di  Jessica Jones...

Una Parola al Giorno (o quasi): Memento Mori

Pur  traendo origine da un'usanza dell'antica Roma, il memento mori (Ricordati che  devi Morire) è un monito che appartiene di diritto alla più ottimistica tradizione cristiana medievale ma che, tutto sommato, ha una valenza - per così dire - universale, data l'imprescindibilità dell'evento a cui fa riferimento.

Il memento mori per eccellenza è rappresentato da un teschio. Il motivo è facilmente intuibile visto che niente più dell'ammiccante sguardo di due orbite vuote fisse su  di noi ha  la capacità di suscitare amene considerazioni sulla morte e sull'aldilà. Si tratta  però di un'immagine fin troppo abusata (anche  grazie al contributo dei pirati che si fregiavano  di tale effige sulla propria bandiera) che quindi, col tempo, ha perso di originalità e  di forza.
Ma, transitando per Firenze, nei  giorni scorsi, mi sono imbattuto in una sorta di memento mori alternativo più genuino e molto più originale che ha immediatamente fatto breccia nel mio immaginario.
Sono oltremodo felice, dunque, di condividere con voi questa versione riveduta, corretta e aggiornata del Memento Mori in versione biruote.
E, per cocncludere, vorrei citare come postilla  dovuta, il celebre principio di Rockefeller [cit. da le leggi di Murphy]
Non fare mai niente che non vorresti essere trovato morto mentre lo stai facendo. 

domenica 11 giugno 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): EDUCAZIONE

Fino a non poco tempo fa, l'educazione veniva impartita alla prole dal solerte, ma inflessibile, genitore, a suon di sberle. Il figlio indisciplinato veniva rimesso brutalmente in riga in modo implacabile, maturando progressivamente un sano rancore nei confronti della figura paterna che dava anche senso compiuto a complesso di Edipo. 
Del resto, chi conosce la tradizione popolare campana, ha sicuramente sentito, almeno una volta nella vita, il detto: - Mazz' e panelle fanno 'e figli bell'... panell' senza mazze fanno 'e figli pazz' - che altro non è che  il concetto del bastone e della carota applicato alla pedagogia pratica.
Ora, che sia ben chiaro, io non sono uno di quelli che ritengono la violenza il sistema educativo più efficace. Ma va considerato che, se la saggezza popolare, viene definita tale, cioè saggia, qualcosa di non troppo errato nel suo profondo fondo, ci dovrà pur essere.
Il motivo di questo sproloquio introduttivo è presto spiegato:
Oggi, preso da un inopinato slancio di entusiastico amore per la famiglia, ho portato l'intera tribù in un ristorante giapponese dove, tra l'altro, ci siamo scofanti quantità industriali di sushi approfittando dell'AllYouCanEat.
Sarebbe stato tutto perfetto se, il tavolo accanto al nostro, non fosse stato occupato da una di quelle mamme moderne, democratiche e meticolosamente attente a tutte le possibili necessità psicologiche del figlio: un bambino di circa otto anni che, nell'arco di un'ora e mezza, sarà rimasto seduto non più di 15 minuti per passare tutto il resto del tempo a ballare (sì, avete capito bene, ho detto: BALLARE) tra i tavoli, a ritmo della musica del cellulare di mammà (musica di pessima qualità mandata al massimo del volume consentito dallo smartphone).
Questa piccola calamità naturale priva dei requisiti minimi necessari per poter avere una interazione civile con altri esseri umani, figlio di una madre altrettanto scostumata, ha imperversato senza pietà costringendo i camerieri a fare letteralmente lo slalom per evitare le sue evoluzioni danzerecce degne di un Michael Jackson affetto da epilessia, ma invano... alla fine, mentre la madre pagava il conto e si accingeva, finalmente, a togliersi dai coglioni, il piccolo invasato è riuscito, con un guizzo improvviso, a centrare con una testata un vassoio ed è poi scoppiato in un pianto disperato che si è protratto per un'altra decina di minuti, consolato dalla premurosa genitrice.
E veniamo dunque al punto. 
Io non so se una sana dose di mazzate (senza panelle), avrebbe giovato all'educazione di questo improbabile ballerino molesto. Non so quale devastante trauma infantile la madre stesse cercando di prevenire attraverso questo atteggiamento educativamente incomprensibile, ma di una cosa sono abbastanza sicuro, a lei, alla madre, un paio di sberle non avrebbero fatto male...

domenica 4 giugno 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): ASSUEFAZIONE

Ne avevo già scritto in occasione dei mondiali, qualche anno fa,  ne vorrei riparlare oggi, all'indomani della tragica (si  fa per dire,  sono pur sempre napoletano) débâcle della Juventus a Cardiff.
Iniziamo col dire che il calcio mi fa schifo. Non  come gioco in sé,  ma per tutto ciò che rappresenta e perché raccoglie il peggio del genere umano sia in campo che fuori. 
Il calcio mi nausea, dunque, e non  si smentisce mai, ma il calcio è ovunque e quindi, di tanto in tanto, mio malgrado, sono costretto a confrontarmi con esso.
In una di queste infelici occasioni, ieri, durante la finale di champions, ho avuto il "piacere" di assistere alla inqualificabile sceneggiata di quel cialtrone che risponde al nome di Sergio Ramos che, sfiorato da Cuadrado, è precipitato al suolo come fulminato da colpo  apoplettico, rotolandosi  in preda ad atroci dolori e gemendo come una vacca gravida in procinto di sgravare 102 vitelli ipertrofici. Il risultato della sua penosa recita ha prodotto l'ingiusta espulsione del giocatore juventino tra blande  proteste. Anche i commentatori si sono limitati a sottolineare marginalmente la poco sportiva simulazione del buffone madrileno, facendosene  rapidamnete una ragione come  se fosse  parte inevitabile del gioco.
Analogamente, salvo poche  eccezioni, nei vari articoli delle riviste sportive, stamattina, se ne fa cenno  come un evento discutibile ma, tutto sommato, poco rilevante se paraganato alla prestazione di merda della Juventus.
Ecco, per me tuto ciò è inaccettabile.
Un gesto come quello di  Sergio Ramos, inequivocabile nella sua truffandina messa in scena, dovrebbe essere sancito dalle autorità sportive, messo in evidenza con sommo disprezzo da qualsiasi commentatore e da qualsiasi tifoso, finanche dai compagni di squadra, e suscitare una sconfinata e genuina indignazione, perchè si tratta di una grottesca e oltraggiosa truffa non solo ai danni della Juventus, ma di tutti  quelli che amano lo sport.  E non me ne frega niente se il gesto indegno e indecoroso sia stato fatto contro la "rubentus" come  viene chiamata la squadra da noi napoletani (e da altra variegata fauna italica). Non me ne frega della legge del taglione o della cosiddetta giustizia divina. Il fatto è che questo tipo di simulazioni a cui, detto per inciso, Sergio Ramos  non è nuovo, sono VERGOGNOSE e non dovrebbero essere accettate, mai, in nessuna circostanza.
Dovremmo avere ancora la forza di sentirci offesi da un comportamento del genere, invece di accettarlo seppur con fastidio, ma la verità è che siamo drammaticamente assuefatti a questo tipo di mentalità. 
Ci  siamo abituati alle piccole e grandi furberie di questo popolo di mediocri cialtroni che ci circonda. Quelli che se ne fottono delle regole perché tanto la  pasano sempre liscia. Quelli che, sotto sotto, un po' invidiamo, perché fanno tutto quello che noi non abbiamo il "coraggio" di fare, e non ne pagano mai le conseguenze, proprio come il buon Sergio, che adesso, dopo cotanta baldanzosa prestazione, può godersi la vittoria, orgoglioso di aver mostrato a tutto il mondo di che pasta sia fatto. Tanto... giustamente, cosa volete che gliene fotta? Continuerà a guadagnare barche di soldi e a firmare autografi, come se niente fosse...

domenica 28 maggio 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): Bugie

In passato ho fatto il copywriter, quindi ho una certa dimestichezza con la menzogna o, quanto meno, se vogliamo essere magnanimi, con quella che potremmo definire "verità creativa". Tuttavia, invecchiando si peggiora e, nel corso degli anni, sono diventato sempre più intollerante nei confronti di certi spot palesemente ingannatori. Ne potrei citare millemila, ma, da esperto di lombosciatalgia, mi soffermerò su quello dei cerotti miracolosi che ti rimettono in piedi quasi all'istante.
Scriverò, dunque, una lettera aperta all'amico tennista che, mentre viene massacrato dalla consorte a suon di diritti e rovesci, si domanda come sia possibile che costei, che il giorno prima gemeva per il mal di schiena, adesso sia in grado di prodursi una performance atltetico tennistica così devastante.


La risposta, mio caro amico, non è come erroneamente pensi, nel sapiente utilizzo dei cerotti medicamentosi di questo o quel produttore (tanto sono tutti la stessa cosa).
Per esperienza posso garantirti che, dopo un attacco di lombosciatalgia, col cerottone non ci fai un cazzo. Per rimetterti in piedi hai bisogno di due o tre siringoni formato pachiderma di voltaren e muscoril, e il giorno dopo a stento riesci a deambulare verso il cesso con passo incerto e andatura da otuagenario claudicante.
L'idea di andare a giocare a tennis, non solo non ti sfiora neanche lontanamente, ma provi dolore anche solo a guardarlo in tv.

Quindi, se tua moglie ieri diceva di avere mal di schiena, e adesso zompetta garrula su e giù per il campo da tennis, le possibilità sono due:
O, insieme col cerotto, si è fatta apporre le mani da un guaritore birmano con poteri taumaturgici che sconfinano nel divino, oppure ti sta riempiendo di palle (non solo a tennis), e il mal di schiena non c'è mai stato, ma era solo una scusa per andare da un altro tipo di guaritore che le ha apposto qualcos'altro - che sia taumaturigo oppure no, questo non mi è dato di saperlo - ma che sicuramente le ha dato il sollievo necessario che tu da troppo tempo le neghi.

venerdì 12 maggio 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): DESIDERI

Guerre Stradali

Caro amico, lo so, il mondo non è come lo vorresti.
Se dipendesse da te, in questo momento non saresti al volante di un'auto di merda, sull'autostrada, intimamente castrato nella tua mascolinità da limiti di velocità imposti da legislatori cacasotto e tendenzialmente dediti a passatempi di tipo sodomita.
Se il mondo fosse come lo desideri, tu piloteresti un caccia spaziale, sfrecciando nell'immensità dello spazio, pronto a incenerire i nemici a colpi di laser. Libero di combattere per la ribellione o per l'impero, a seconda di come ti girano. Libero di spingere il tuo apparecchio alla velocità della luce, verso l'infinito e oltre. Libero, tanto per farla breve, di fare il cazzo che ti pare.
Probabilmente è proprio per questo motivo che, incollato al mio sedere (metaforicamente parlando, s'intende), usi gli abbaglianti di quel cesso di auto che ti ritrovi al pari dei laser di un x-wing, con l'unico risultato che, non potendomi incenerire fisicamente, incenerisci i miei coglioni.
E lo so, se il mondo fosse come tu lo desideri, questi abbaglianti di chi t'è stramuorto avrebbero il potere di farmi sparire dalla strada, punendomi in modo esemplare per aver avuto l'ardire di rispettare i limiti di velocità, e tu potresti involarti verso qualunque sia la tua destinazione finale anche se, come puoi immaginare, io ne avrei una da suggerirti che potrebbe, forse, non piacerti, ma sarebbe perfetta per te.
Ma la triste realtà è che tu e i tuoi sfarfallanti abbaglianti non riuscirete a liberarvi di me, perché il tuo non è un caccia stellare e tu non sei Luke Skywalker, ma solo un povero stronzo.
Caro amico... il mondo non è come lo vorresti, e non è neanche come lo vorrei io...

giovedì 27 aprile 2017

Una Parola al Giorno (o quasi): APPARENZE

PRIMA VISTA (l’abito non fa il monaco… e neanche il tamarro)

L’altro ieri ho preso la metropolitana.
Accanto a me era presente un’amena famigliola calabrese composta da padre, madre e figli adolescenti, giunta, presumibilmente, in quel di Napoli, per visitarne il centro storico.
Li ho guardati distrattamente con istintiva simpatia per l’ansia turistica che, palesemente, li pervadeva.
Poi è arrivata la metropolitana.
Mi sono avvicinato alla porta e sono stato quasi travolto dal compatto manipolo famigliare che, non curandosi di me, si è scaraventato verso la carrozza della metro con la determinazione di un commando militare deciso a conquistare un obiettivo strategico.
Di fatto sono stato letteralmente spintonato di lato e la mia istintiva simpatia si è estinta piuttosto rapidamente.

All’interno del vagone era presente un nutrito raggruppamento di tamarri napoletani doc che, dalla periferia, si muoveva verso il centro nella consueta transumanza che caratterizza i giorni di festa (l’altro ieri era il 25 Aprile).
Per chi non avesse dimestichezza con il tamarro napoletano doc è opportuno precisare alcune cose:
a)  il tamarro napoletano doc non parla, urla.
b)  Il tamarro napoletano doc si esprime in una lingua che non ha nulla a che vedere con l’italiano ma ricorda, semmai, un misto di gaelico e sanscrito.
c)  Il tamarro napoletano doc quando si avventura in territori che non gli sono familiari si muove sempre in branco e, per darsi coraggio, accentua tutte le proprie caratteristiche ostentando una volgare spavalderia e un sagace sarcasmo spesso leggermente grossolano.
d)  Il tamarro napoletano doc è, tutto sommato, “nu bravo guaglione”. Ma se vuoi stare tranquillo è molto meglio quando si trova a qualche chilometro di distanza da te.

Appena la famigliola è entrata nel vagone, ha praticamente impattato (fisicamente e psicologicamente) contro la tribù, e si è immediatamente rannicchiata nel lato opposto della metro. Le due figlie si sono scambiate silenziose occhiate in cui si poteva leggere un misto di incredulità e terrore. Poi hanno cominciato a mormorare.
Non ho nessuna difficoltà ad ammettere che mi sono avvicinato per ascoltarle.
Sintetizzando potremmo dire che il succo del loro scambio verteva sul fatto che in nessuna altra parte dello stivale avevano mai incontrato esemplari umanoidi simili. E non era inteso come complimento. Credo avessero l’impressione di essere entrate improvvisamente in uno degli episodi di Gomorra pur non disponendo di un abbonamento a Sky, e questo suscitava in loro un comprensibile smarrimento.
Più loro inorridivano, più gli zamperi intorno a loro diventavano cacofonici (in maniera inversamente proporzionale, direbbe un colto matematico), prorompendo in esplosioni verbali parzialmente incomprensibili anche per me.

Li ho guardati con disappunto e per un attimo, un breve attimo, confesso di essermi vergognato un po’. Ho pensato: “Ma vedi tu se questi calabresi dovevano beccare proprio un tale manipolo di incivili, adesso, quando torneranno “in patria” diranno che i napoletani sono tutti così!”
Poi mi sono ricordato del modo altrettanto incivile con cui, i timidi turisti, mi avevano quasi calpestato, e mi sono rincuorato.
In fondo, i miei concittadini stavano solo socializzando allegramente, in un modo che poteva ricordare le scimmie urlatrici del Madagascar, è vero, ma pur sempre innocuo. E comunque, in quel loro latrare divertito e primitivo erano genuini, mostrandosi esattamente per ciò che erano. Anzi, ostentando orgogliosamente il peggio di sé, pronti poi a stupirti con qualche slancio di retrograda, ma pittoresca, umanità partenopea. Mentre i compunti turisti, che scuotevano il capo colmi di incredula indignazione, celavano dietro quell’aria smarrita l’invasiva e  proterva molestia di cui erano stati capaci solo pochi minuti prima, davanti alle porte della metro.

Le apparenze a volte ingannano… e a volte no.