mercoledì 24 dicembre 2014

Una parla al giorno: NATALE

Sono ventisei anni 2 mesi e 15 giorni che gli do la caccia e, finalmente, l’ho trovato.
Quando ormai non ci speravo più, quando credevo che non ce l’avrei mai fatta e stavo per rinunciare, un tipo, in un bar di Città del Messico, mi ha dato la dritta giusta ed ora, 36 ore dopo, eccomi qui che cammino lungo la spiaggia verso un  vecchio bar dalla tettoia in legno marcito che puzza di salsedine.
E lui è lì.
Mi guarda da lontano e sorride. Il sorriso stanco di chi è consapevole che è stato beccato. Il sorriso rassegnato di chi non ha più la forza di scappare e si lascerà prendere perché, in fondo, lo sapeva che prima o poi questo momento sarebbe arrivato.
Anch’io gli sorrido, e il mio sorriso è altrettanto stanco e rassegnato perché, anche se gli ho dato la caccia per tanto tempo, forse, dentro di me, speravo che questo momento e questo confronto non sarebbero mai arrivati.
Mi avvicino e lo osservo con maggior attenzione. Mi basta guardarlo negli occhi per capire che è proprio lui. Certo,  è dimagrito moltissimo dall’ultima volta che l’ho visto… e il volto è sfatto, consumato. Ha tagliato la barba e si è tinto i capelli, ma è lui, che il diavolo se lo porti! E’ proprio lui!
-         E così mi hai trovato – dice mandando giù della tequila.
-         Già – gli faccio io sedendomi davanti a lui.
Lui mi serve in un bicchiere non troppo pulito. Io lo guardo, mando giù un sorso, poi lo guardo di nuovo.
-         Quindi? Che sei venuto a fare? –
A dire il vero non lo so neanch’io perché sono lì, dopo tutto questo tempo.
-         Volevo guardarti in faccia, immagino…  –
Annuisce solennemente, ma non dice niente e tiene lo sguardo basso, fisso sul sudicio bancone del bar, come se gli mancasse il coraggio di affrontarmi.
-         E volevo, sentire dalle tua labbra che cosa avresti detto per giustificarti… - continuo.
-         E sentiamo… perché dovrei giustificarmi? –
-         Andiamo! Sei andato via, all’improvviso, come un ladro! –
-         E allora? –
-   E allora noi avevamo bisogno di te… cazzo! E tu te ne sei andato come se niente fosse, senza una parola, senza… senza un motivo… - la voce mi si spezza per l’emozione.
Lui finisce la bottiglia con una smorfia di compiaciuto disgusto, poi sospira stancamente mentre ne apre una nuova.
-         Anche se avessi cercato di spiegare, tu non avresti capito… -
-         Che ne sai? –
-         Lo so e basta –.
-         Potevi provare… -
-         Hai ragione potevo, ma non ne ho avuto il coraggio – .
Sorrido scuotendo il capo. Lascio i soldi per la tequila e mi alzo per andarmene. È stato un errore. Tutta questa maledetta storia è stata solo uno sbaglio.
-         Se proprio lo vuoi sapere, è stato per colpa di quelle lettere… - dice lui fermandomi dopo pochi passi. – Lettere a cui non sapevo cosa rispondere –.
-         Che vuol dire? Non c’era niente da rispondere… bastava solo esserci, no? –
-         Tu non capisci. Erano così, piene… di speranza in un mondo che non esiste… erano le lettere di chi crede ancora nelle favole! –
Quest’ultima parola la pronuncia quasi come se fosse una parolaccia.
-         Perché che male c’è nel credere alle favole? – gli chiedo.
-  Non c’è niente di male… ma io non sopportavo più di assecondare questa menzogna –.
-         Ma di quale menzogna parli? Tu esisti davvero… o almeno esistevi, prima di andartene via… -
-         Quelle maledette fottutissime lettere del cazzo! Tu non le hai lette! – continua come se non mi avesse quasi ascoltato - Babbo Natale, quest’anno sono stato buono e vorrei tanto un trenino elettrico… Babbo Natale mi piacerebbe moltissimo ricevere la nuova bambola che fa la pipì… Babbo Natale qui, Babbo Natale lì… ognuno con un’aspettativa diversa. Tutti a chiedermi qualcosa, e finché si trattava di regali, tanto quanto, potevo anche continuare a fare quello che ho sempre fatto… ma quando ti arriva la lettere di un bambino che chiede un lavoro per il padre, o uno che vorrebbe che facessi finire per sempre la guerra nel Darfur, o che trasformassi le mine antiuomo in fiorellini… trasformare le mine in fiori?! Ma ti rendi conto?! –
Lo guardo interdetto.
-         Io… non ce la facevo più a farmi carico di tutte quelle aspettative… e per di più da solo, perché nessuno di voi, mai, ha cercato di darmi una mano a far sì che questa cosa che chiamiamo Natale acquistasse un… senso… –
-         Nessuno ha mai preteso che tu cambiassi il mondo… bastava che rendessi un po’ speciale un solo giorno dell’anno. Solo questo… -
-         E a che serve fare finta che il Natale sia davvero un giorno magico quando il giorno dopo, tutto tornerà come prima? E poi… magico un cazzo! La gente continua a morire di fame anche a Natale, cosa credi? E non c’è niente che nessuno possa fare, nemmeno Babbo Natale! –
-         Ed hai preferito scappare! –
-         Ho preferito scappare, sì… -
-         Lasciandoci senza il Natale… -
Fa un gesto con la mano, che non vuol dire niente e vuol dire tutto.
-         Cazzo vuoi che ti dica… - farfuglia – forse il Natale non è mai esistito –
-         Forse sì, - ammetto, - ma era bello crederci… -
Poi me ne vado, lasciandolo lì, a bere e autocommiserarsi rimpiangendo il passato e ciò che avrebbe potuto essere. L’orologio segna la mezzanotte e solo adesso, guardando il datario, mi rendo conto che è proprio il 24 dicembre, ci sarebbe da ridere, ma non riesco a trovarlo divertente…
-         A proposito – gli faccio – Buon Natale –.
Lui mi guarda, beve e non dice niente… fottuto Babbo Natale del cazzo!

domenica 21 dicembre 2014

Una parola al giorno: COMUNICAZIONE

Questi ragazzi di oggi non parlano più tra di loro. Stanno lì a digitare messaggi sui loro smartphone, ma non si parlano. 
La verità è che il progresso ha ucciso il piacere di comunicare...
Ma cazzo, invece di stare lì a far lavorare nel modo sbagliato i vostri pollici opponibili, sollevate il telefono e par-la-te!

Per esempio fammi vedere che stai digitando:
"nn e possibile k non ti piace justin lui e strafigo io ciò tt i suoi dischi ce lo anche tatuato addosso. Quindi nn esiste, doma vieni con me al concerto, cpt?"


Ok...
Forse il progresso ha ucciso anche il piacere di scrivere...

venerdì 19 dicembre 2014

Una Parola al giorno: SPERANZA

Qualche giorno fa ho fatto una passeggiata per il centro storico. 
Avete presente quelle robe di pastori e presepi che si fanno sotto Natale? Quelle che non sai neanche perché le stai facendo, ma le fai lo stesso pur sapendo che te ne pentirai.
Ecco. Quelle.
In più avevo voglia di portarmi dietro la macchina fotografica nuova per provare a fare qualche foto, perché dopo il mio violento e non corrisposto amore per lo yoyo, e quello che la chitarra, adesso sto cercando di amoreggiare anche con la reflex.
Ebbene sì, sono un amante irrequieto e compulsivo.
Anzi, a questo proposito (quello della reflex non quello della compulsione) volevo rassicurare i turisti: ci si può portare una reflex a napoli, scattare delle foto e ritornare a casa vivi... ve lo giuro.
Comunque, non è di questo che volevo parlare, anche se, in fondo, anche questa tematica ha una sua attinenza con la parola del giorno.
Speranza.
C'è speranza anche per il turista, anche a napoli, anche in mezzo alla folla.
Questa città non è così cattiva come la si dipinge.
Ma torniamo a noi.
Torniamo alle foto.

Mentre camminavo bel bello per San Gregorio Armeno, a un certo punto mi sono imbattuto in una costruzione con i balconi murati.
Uno spettacolo struggente ma di una desolazione unica. E infatti ho pensato subito di scattare una "bella" foto che ho intitolato no future.
Guardando quell'immagine ho pensato che fosse davvero emblematica di uno stato d'animo senza speranza. Finestre e balconi murati sono la negazione di tutto. Della luce, dell'aria, della vita. Cosa c'è di più desolato e desolante? 
Se devo pensare a qualcosa che rappresenti in modo visivo qualcuno che si è arreso, che ha rinunciato a tutto, anche alla speranza, o che in qualche modo ne è stato privato, penso a una finestra murata... per sempre.
Più tardi, però, guardando con maggior attenzione la foto che avevo scattato, mi sono accorto di una cosa che Benigni definirebbe, grandiosa, incredibile e spettacolare: su uno di quei balconi abbandonati sta germogliando dell'erba.

In mezzo a quello scenario di abbandono, di non vita, c'è dell'erba che cresce. E lo fa perché la vita è così, se ne frega della logica, la vita è tenace, è caparbia. Si ostina a sfidare la sorte anche quando ha tutte le probabilità contro.
Tutto questo è... confortante. Almeno per me.
Perché vuol dire che c'è sempre speranza, anche quando non lo vediamo subito, anche quando la nostra sensazione è che davanti a noi ci sia solo un muro di mattoni, invalicabile. Anche quando sembra che ci abbiano tolto perfino la voglia di sperare, a guardare con maggior attenzione, c'è sempre la possibilità di scoprire che la vita ha messo qualcosa, lì, per noi. Per sorprenderci e per farci capire che non c'è mai niente di scontato. 
Ora non lo so. Magari è il Natale che mi fa questo effetto e che mi fa cercare disperatamente di formulare un pensiero ottimistico anche laddove non ce ne sarebbe alcun motivo. Ma, proprio perché è natale, mi sembra che questa considerazione e questa foto sia perfetta per fare a tutti voi i miei auguri.
Spero che, in qualsiasi momento doveste trovarvi davanti a un balcone murato, abbassando (o alzando) lo sguardo, possiate accorgervi che sta crescendo dell'erba e quell'erba siete voi.
Buon natale.






martedì 9 dicembre 2014

Il mio zoom è più grande del tuo

Con cellulari, macchinette ultracompatte e altre diavolerie del caso, l’arte (si fa per dire) della fotografia è diventata un patrimonio collettivo.
Il che non è necessariamente un bene… perché tra la semplice operazione dello “scattare” e il capire veramente quello che si sta facendo e come lo si sta facendo, c’è una bella differenza.
Tralasciando l’argomento “selfie” e le drammatiche considerazioni socioculturali che inevitabilmente vi si accompagnano, vorrei soffermarmi, invece, su una questione ampiamente dibattuta e che manda in crisi i novelli fotografi in procinto, eventualmente, di acquistare una macchina fotografica.
E mi riferisco a una questione di importanza vitale per qualsiasi fotografo: la dimensione dello zoom.
Inutile negarlo, qualsiasi fotoamatore, al momento di acquistare la fotocamera che lo accompagnerà nelle epiche imprese che lo attendono, si concentra quasi unicamente su due parametri, i megapixel e lo zoom. Come se questi fossero gli unici due fattori in grado di garantire la qualità di una foto.
la Fuji vista dalla Nikon
Ma mentre i megapixel, bene o male, ormai te li tira in faccia anche con una certa sufficienza qualsiasi produttore di videocamere, lo zoom, o meglio il superzoom, è ancora un requisito quasi elitario.
Al di là di ovvie considerazioni sullo zoom come sublimazione del pene e l’evidente orgoglio di ogni fotografo nello sfoggiare le dimensioni del proprio zoom, quello che ci interessa, nel caso specifico, è la qualità delle immagini.
Molti pseudofotografi come me, che si dilettano con risultati anche discutibili utilizzando modelli più o meno economici, ma iperdotati, al momento di valutare un possibile salto di qualità con il passaggio alle blasonate reflex, si fanno bloccare proprio dall’annosa questione dello zoom.
Mi spiego.
Che le Reflex siano qualitativamente superiori alle bridge o alle compatte è un dato di fatto assodato e scontato.
Ma lo zoom?
Dice il fotografo provetto: Io non voglio diventare Cartier Bresson, ho esigenze molto più terra terra. Mi basta fare scatti bellini, immortalare i miei figli durante la partita di calcetto, qualche animale qua e là… insomma, cose così. Con tali esigenze anche un cercopiteco di Brazzà si renderà conto che avere a disposizione un “grande” zoom è comodo. Molto comodo.
la Nikon vista dalla Fuji
Ed ecco, dunque, tristi omini armati di macchina fotografica, confrontarsi orgogliosamente: la mia bridge ha un 30 x… la tua reflex quanti x ha?
Una delle domande che ricorrono più frequentemente sui forum è proprio questa: Ma se io volessi prendere una reflex, per avere uno zoom di pari ingrandimento, che dovrei comprare? Un cannone da 6000 euro? E chi ce li ha? No grazie, mi tengo la bridge. Sarà qualitativamente inferiore ma il mio zoom è più grande del tuo. Se devo fotografare mio figlio che si tuffa, mentre sono comodamente steso sotto all’ombrellone la mia bridge col suo fottutissimo 30 x farà il suo sporco lavoro.
Orbene… essendo passato attraverso lo stesso dilemma. Avendo passato notti, lacerato dal dubbio e roso dall’incertezza, sono qui a scrivere queste poche righe a vantaggio di tutti quelli che si trovano nella mia condizione, perché possano trarre vantaggio dalla mia esperienza.
Per prima cosa sappiate che 30 x non vuol dire che lo zoom ingrandisce di 30 volte, ma indica il rapporto tra focale minima e massima. Vale a dire che se la vostra Bridge ha una focale che varia da 24 a 720 mm equivalenti (come la mia), dividendo 720 per 24 otteniamo il famigerato 30X che è dunque un valore che, tutto sommato, non ci serve a un cazzo, almeno per quel che ci interessa, vale a dire valutare il massimo ingrandimento prodotto dalla nostra bridge.
Quello che ci interessa, in realtà, è il valore di focale massima, 720.
Beh porca vacca zozza, ma 720 mm è un cacchio di valore. Uno zoom tamron 150-600 mm per fare un esempio economico, costa 1200 euro, al quale bisogna aggiungere il corpo macchina… insomma per avere una focale che mi garantisca l’ingrandimento della mia bridge dovrei spendere sui 2000 euro. Non me lo posso permettere, mi tengo la mia bridge e il mio 30 x.
Il fatto è che quando scattate con la vostra bridge alla massima focale avrete un risultato qualitativamente abbastanza scadente.
La luna fotografata con Nikon D7100 e Tamron 70-300
Se prendete uno zoom 70-300 sempre della tamron e scattate la stessa foto, e la ingrandite fino a raggiungere l’ingrandimento prodotto dallo zoom della bridge, avrete una qualità e un dettaglio superiori. 
La luna fotografata con una fujui hs33 - 30x
Il che vuol dire che se la vostra esigenza primaria è fotografare cose piccole, lontane e ingrandirle, avrete un risultato migliore con una reflex e un 300 mm, piuttosto che con una bridge dopata e dotata di superzoom.

In più la reflex vi garantisce un universo di possibilità e di qualità che la bridge neanche si può sognare.
A puro titolo dimostrativo, potete vedere due foto della luna (che è un soggetto piuttosto distante) scattate con la bridge e con la reflex… valutate voi la differenza.
Ora, chiariamoci. La Reflex costa di più, su questo non ci piove. Però, non c'è bisogno di comprare obiettivi costosissimi per confrontarsi col 30x di molte compatte. Quindi, prima di fare acquisti, valutate bene...