giovedì 31 luglio 2014

Una parola al giorno (o quasi): EROE

Brano consigliato durante la lettura «Mo ghile mear (our hero)» dal CD «The long black veil» dei Chieftains
Lo odiavo più di ogni altra cosa al mondo.
Lo odiavo per come aveva stravolto l’ordine costituito, lo odiavo per come era riuscito a ingraziarsi subito il favore del popolo con quel suo modo di fare spavaldo, con quel suo irritante sorriso di superiorità... lo odiavo per come era riuscito a mettermi in ridicolo più di una volta, con frustrante semplicità. Ma, soprattutto, lo odiavo perché neanche lady Marian era sfuggita al suo fascino e gli aveva regalato il suo bene più prezioso.

No, non intendo il cuore...
Era solo un buffone. Io lo sapevo e anche lui lo sapeva, ma per un motivo che proprio non riuscivo a capire, questa semplice e inconfutabile verità sfuggiva a tutti gli altri.
Lo invidiavo? Certo che sì!
Avrei voluto essere al suo posto?
Forse. Ma non ne sono così sicuro.
Io penso che ci siano delle regole a questo mondo, capite? Delle leggi. 
E non importa se le leggi siano giuste o ingiuste, non spetta a noi decidere. Le leggi sono leggi e basta.
E' solo la capacità di seguire delle regole ben precise che ci distingue dalle bestie. E non c'è nessuno che possa mettersi al di sopra di queste regole perché... se il primo idiota dal sorriso smagliante e la faccia da eroe senza macchia, potesse permettersi di dire agli altri cosa sia giusto e cosa sia sbagliato, quali siano le regole da seguire e quali no... finiremmo nel caos.
Lui era così. Lui se ne fregava delle regole e si riteneva l'unico depositario della verità.
Io gli invidiavo quella sicurezza perché chi non ha mai dubbi vive senz'altro meglio, ma non avrei mai potuto essere lui e, comunque, le parti erano state scritte e assegnate molto tempo prima, senza che nessuno ci avesse chiesto un parere al riguardo. 
A me cosa restava, se non portare avanti il ruolo assegnatomi dagli eventi? Che scelta avevo?
Nessuna.
Così mi era toccato il difficile compito dello Sceriffo di Nottingham, e lo avevo svolto diligentemente dandogli la caccia, ingannando, uccidendo, bruciando e ricattando, guadagnandomi l’odio della gente, il marchio di infame e dannando forse la mia stessa anima, pur di catturarlo e di farlo impiccare, come meritava.
Lui era il buono, l’eroe. Ma senza di me cosa sarebbe stato in fondo? Tutto ciò che era lo doveva a me! E questo mi faceva infuriare perché ero consapevole che nessuno me ne avrebbe mai riconosciuto il merito.
Re Riccardo, quel buffone, era la sua bandiera, il suo alibi... la magniloquente e fasulla immagine di monarca dietro cui Robin amava nascondersi... ma sapevamo entrambi che, in realtà, si trattava solo di un re irresponsabile e gradasso. Un briccone né più e né meno del fratello Giovanni. Battersi per l’uno o per l’altro non voleva dire niente. Eppure il primo sarebbe passato alla storia come "Cuor di Leone", il secondo come "Senza Terra"! Ed io ero destinato a legare il mio nome a quest’ultimo per l’eternità, con ignominia, per colpa dell’uomo che detestavo.
Così non ci poteva essere pietà, non ci poteva essere tregua, tra noi... ed ora, finalmente, era giunto il momento di farla finita, lì, nella sala del palazzo, davanti allo sguardo inorridito di Marian.
Sfoderai la spada senza staccare il mio sguardo dal suo. Lui fece altrettanto.
Poi fu tutto un turbinare di acciaio, scintille, sudore e polvere.
Le lame dardeggiavano in famelici attacchi e fulminee parate che avevano quasi un non so che di soprannaturale. Mi ritrovai a pensare confusamente che dovevamo sembrare due divinità della guerra, belli, nobili e fieri... pronti a morire, senza paura, pur consapevoli che quella, in un modo o nell’altro, sarebbe stata la fine.
Era bravo. Su questo non c’è dubbio. Ma lo era più con l’arco che con la spada, e questo lo sapevamo entrambi. Io, dal canto mio, avevo consacrato l’intera mia vita al potere della spada, e anche se non ero più un ragazzo avevo ancora molte energie a cui attingere: l'odio è un sentimento potente almeno quanto l'amore e meno complicato da gestire.
Così continuammo a duellare per un tempo interminabile senza che l’uno riuscisse a prevalere sull’altro.
Poi, il maledetto fece una finta che mi colse impreparato, non so se fu il caso o il frutto della sua geniale inventiva, ma riuscì a insinuare la lama al di sotto della mia guardia e mi ferì ad un fianco. Il dolore non lo sentii neanche, ma avvertii il calore del sangue che prendeva a scorrere e capii che non avrei potuto resistere molto a lungo in quelle condizioni. Quindi, molto probabilmente, sarei morto.
Tentai il tutto per tutto scaraventandomi contro di lui con un grido inarticolato e ci allacciammo in una danza mortale, intrecciando le lame. I nostri volti vennero a trovarsi a pochi centimetri l’uno dall’altro, i denti snudati in un ghigno rabbioso, i nasi che quasi si toccavano... 

Il suo alito puzzava di cipolla.
Pensai infuriato che ero disposto a tollerare anche la morte, ma non il suo fiato fetido, quindi allungai la mano sinistra e gli afferrai i capelli intrecciando le dita tra le folte ciocche, poi tirai con forza per allontanarlo da me.
Lui lanciò un grido d’orrore e si allontanò lasciandomi fermo, al centro della sala, con i suoi capelli ancora stretti in pugno. Restai lì, a guardare il mio strano trofeo con aria imbambolata, poi alzai gli occhi facendoli scorrere sul suo cranio lucido e quindi li riportai verso ciò che stringevo nella mano.
«Una parrucca?» ansimai, guardandolo sconcertato.
Non rispose.
«Una parrucca?!» ripetei. Poi guardai Marian, impietrita, a pochi metri da noi, e la sua espressione attonita mi disse che era sorpresa quanto me.
Entrambi stavamo pensando la stessa cosa, e parlammo quasi all'unisono chiedendogli: «Perché?»
«Sono calvo» mormorò Robin con filo di voce.
«Che cosa!?!» urlai.
«Sono calvo!» tuonò lui. «Ho perso tutti i capelli durante la crociata in Terra Santa.» scrollò le spalle «In un primo momento non ho dato troppa importanza alla cosa, in fondo... erano solo capelli. Poi, però, quando sono tornato qui e ho capito cosa stava succedendo, mi sono reso conto che non avrei mai potuto restare in disparte. Dovevo intervenire in qualche modo: la gente aveva bisogno di un uomo da seguire... un simbolo, una speranza... ma chi mi avrebbe seguito, chi mi avrebbe dato fiducia se fossi andato in giro con questa testa spelacchiata?»

«Per questo usavi sempre il cappuccio...» mormorai
Lui annuì.
«Ma non si può tenere sempre il cappuccio calato sulla fronte...»
«E così ti sei messo una parrucca...» commentai, facendo uno sforzo disperato per restare serio anche se morivo dalla voglia di ridere.
«Un eroe deve esserlo sia per le sue azioni che per il suo aspetto, la gente deve identificarsi con lui, lo deve ammirare e deve seguirne l’esempio» replicò «e chi si sarebbe identificato con... con questa mia stupida e triste testa pelata?»
Adesso anche Marian stava ridendo, e capii che era finita per sempre... avevo vinto.
Gli gettai i capelli con noncuranza. «Prendili e vattene per sempre dalla mia contea».
«Cosa?» balbettò lui confuso.
«Vattene!» dissi «e non tornare mai più a Nottingham... non c’è più posto per te qui».
«Se pensi che sia così facile liberarsi di me...» ringhiò.
«Ma non capisci? Se resti sei finito, in un modo o nell’altro. Se invece sparisci... la leggenda continuerà il suo corso e la tua vita e quel tuo stupido travestimento saranno serviti a qualcosa... resterai l’eroe che tutti amano perché il ricordo delle tue imprese infrangerà il muro del tempo».
«Ma io... non posso fuggire...» mormorò.
Adesso era davvero confuso. Non l’avevo mai visto così e provai una stretta al cuore. «Te lo ripeto, sparisci per sempre da questa regione e non tornare mai più. È l’unica speranza che ti resta. Tra qualche anno nessuno ricorderà più che sei fuggito... resterà solo la leggenda di un eroe indomito.»
Lui annuì e mi voltò le spalle, avviandosi verso l’esterno col capo chino. Sulla soglia si arrestò e mormorò «Grazie».
Non risposi. E lui andò.
Che avrei potuto dirgli? Lo odiavo, ma ero legato a lui nel bene e nel male. Certo, così sarebbe rimasto l’eroe che tutti ammiravano e io avrei sancito la mia condanna, ma con onore, sconfitto da un uomo ineguagliabile, parte, anch’io, di una leggenda immortale... se invece l’avessi messo alla berlina che ne sarebbe stato di noi due?
Saremmo stati ricordati entrambi come due patetici guitti in una farsa di terz'ordine.
«Addio eroe...» sussurrai.
Poi presi Marian sotto braccio e mi avviai verso le scale.

Una Parola al Giorno (o quasi): LIBERTA'

Flickr Creative Commons 

(CC BY-NC 2.0foto di Timothy Vogel


Mio caro signore un po' in là con gli anni – ma neanche tanto – che mentre cammini davanti a me rilasci rumorosamente una quantità oscena di gas intestinali composti, a occhio e croce, da  azoto, ossigeno, metano, biossido di carbonio (prodotto dai batteri anaerobi), idrogeno, acidi grassi, solfuro di idrogeno e solfato di carbonile. Io capisco che, con l'età, si tenda a diventare un po' egoisti e, del resto, lo stesso divo Claudio soleva ripetere: “meglio appestare gli altri che appestare sé stessi”. Posso ipotizzare che tu, 'sì compreso nella liberatoria attività di scarico, non ti sia accorto della mia presenza alle tue spalle e intuisco vagamente, dalla tua espressione serena e compiaciuta, che liberarti dall'opprimente tensione gassosa che sta affliggendo le tue viscere sia fonte di enorme sollievo. Tuttavia devi capire anche il punto di vista di chi, come me, si ritrova sottovento, inerme, di fronte all'immane produzione del tuo intestino che può essere definito in mille modi fuorché pigro.
Quindi non te ne avere a male se ti supero frettolosamente facendoti sobbalzare e, nel caso avessi dei dubbi, quel vaffanculo mezzo masticato che hai sentito, era rivolto a te... ma soprattutto, prendi per buoni questi due consigli parzialmente disinteressati: PRIMO: se proprio devi aprire lo sfiatatoio posteriore in mezzo alla strada assicurati che non ci siano civili nei paraggi; SECONDO: appena possibile acquista una mezza tonnellata di compresse di carbone attivo. Forse non basteranno ad assorbire la tua intera produzione mefitica, ma la limiteranno fortemente facendoti guadagnare quei minuti necessari per raggiungere un bagno o, quanto meno, un luogo appartato, prima di “dar fuoco alle polveri”.

lunedì 28 luglio 2014

Una parola al giorno (o quasi): HOBBIT

A grande richiesta stanno per tornare:
  1. Gandalf, l'unico mago in grado di eguagliare Albus Silente per la capacità di non capire mai cosa stia succedendo intorno a lui;
  2. Smaug il dorato, il drago la cui sordida astuzia è eguagliata solo dalla sua stupidità;
  3. Legolas, l'elfo giocoliere che non riesce a tirare neanche una freccia con entrambi I piedi poggiati a terra;
  4. la compagnia degli allegri nani acrobati bulgari;
  5. Kìli, il sexy nano con sorpresa che ha rubato il cuore della bella Tauriel;
  6. Tauriel, la bella elfa a cui piace  l'interracial anche perché Tolkien non l'aveva neanche scritta e quindi lei gliela deve far pagare sputtanando il film;
  7. Thorin scudodiquercia, che in realtà dovrebbe chiamarsi superman, vista la capacità di sopravvivere alle mazzolate ferrate di un orco incazzato nero, pur se assestate a tutto braccio e in pieno volto;
  8. Bard, quello a cui è rimasta un'unica freccia di cui non si immagina neanche lontanamente che uso verrà fatto;
  9. Bilbo Baggins e Gollum, gli unici due personaggi ben riusciti in mezzo a questo scempio e che quindi, per contrasto, appaiono quelli più fuori posto;
  10. L'allegra combriccola degli eserciti di elfi e orchi, lupi mannari, e chi più ne ha più ne metta, per il gran finalone rappresentato dalla battaglia dei 5 eserciti che, già si sa, qualche geniale puttanata del regista manderà in vacca con buona pace dell'afflato epico di Tolkien.
Pensavate che dopo Christopher Tolkien nessuno potesse fare altrettanto male a J.R.R. vero? Beh Peter Jackson è riuscito a sorprendere tutti facendo anche di peggio...

domenica 27 luglio 2014

Una parola al giorno (o quasi): DIO

Non nominare il nome di Dio invano.

Ecco, io su questo comandamento ho sempre avuto le idee confuse. Ma ripensandoci, qualche giorno fa, credo di aver trovato la giusta chiave di interpretazione.

Non è stato neanche troppo difficile. 
Cioè, mi sono messo un attimo nei panni di Dio.
Voi giustamente direte: "come cazzo fai a metterti nei panni di qualcuno che non ha neanche un corpo, figurarsi i vestiti?" ma soprattutto "come fai a metterti nei panni di un essere perfetto?"
Effettivamente... non posso dire che abbiate completamente torto.
Ma con un po' di fantasia... si fa tutto, no?
Comunque il punto è che, secondo me, noi abbiamo sempre sbagliato, con questa cosa del "nome di Dio invano". Perché ci siamo concentrati sulla parola "nome".
E quindi da lì è partita la deriva sul rispetto, su c'è modo e modo, c'è contesto e contesto. 
E poi tutta la storia delle bestemmie che - Dio ci aiuti - non vanno mai pronunciate, perché più invano di quello che può esserci?
Quando bestemmi non solo pronunci il nome di Dio, ma ne parli anche male, il peggio del peggio, insomma.
Ecco, no. 
Secondo me il punto del comandamento non è quello.

Cioè, se io fossi Dio, non me ne fregherebbe niente se un idiota di piccolo, merdoso, imperfetto e logorroico essere umano dal sistema nervoso fragile desse in escandescenze nominandomi ripetutamente e accostandomi a parole tipo "porco qua" e "porco là".
Mi farebbe un po' pena. Gli consiglierei di prendere un calmante o di chiarirsi le idee sul concetto di fede e/o ateismo... ma per il resto, non me ne fregherebbe un tubo.

Quello che mi darebbe veramente fastidio, invece, sarebbe se le persone usassero il mio nome come scudo o come alibi, per uccidere, per scatenare guerre, per giustificare il lancio di razzi sulle scuole, o anche solo per la demonizzazione del sesso o delle unioni omosessuali. Se il mio nome diventasse qualcosa dietro cui nascondersi per fare impunemente qualsiasi porcheria.
Ecco, secondo me, il senso di questo comandamento dovrebbe essere: fate il cazzo che volete, ma abbiate il coraggio di assumervene tutta la responsabilità senza mettere in mezzo Dio.

sabato 26 luglio 2014

Una parola al giorno (o quasi): PROGRESSO

Ormai da vari anni sono un felice lettore di Ebook. 
Il libro cartaceo non mi manca: l'odore della carta, il fruscìo delle pagine, sì ok... tutto quello che volete. Ma avere 1000 libri a portata di mano, con dimensione del carattere modificabile a seconda delle necessità (e della vista), con il "reader" che si occupa di tenere il segno e di riportarti sempre al punto esatto in cui hai interrotto la lettura, il dizionario incorporato, la retroilluminazione per leggere al buio, l'e-ink che ti fa leggere sotto al sole senza problemi di riflessi e senza stancare la vista... insomma, soppesando i pro e i contro, l'Ebook Reader batte il libro tradizionale a occhi chiusi (anche se per leggere poi è opportuno riaprirli... gli occhi).

E poi naturalmente c'è sempre qualcuno che dice: "Sì immagino che un Ebook Reader sia comodo, ma pur non avendone mai provato uno sono sicuro che non rinuncerei mai a un libro di carta"
E non posso fare a meno di immaginare un grosso uomo di Neanderthal: "Sì, immagino che una spada sia comoda, ma pur non avendone mai provata una sono sicuro che non rinuncerei mai al mio bastone con la punta di selce..."

Ecco... il progresso a volte è anche solo un'attitudine mentale...

giovedì 3 luglio 2014

Una parola al giorno (o quasi): SILENZIO

Premetto che questa è una brutta storia.
Se siete persone sensibili, se avete l'animo delicato se non siete in grado di sopportare emozioni forti, fermatevi qui, prima che sia troppo tardi, perché quello che segue non fa per voi.
Non leggete questo post, davvero, lo dico sinceramente...
Certo, potrei stare zitto. Potrei evitare di scrivere parole che, già lo so, turberanno profondamente chi proseguirà nella lettura. Ma arriva un momento in cui non si può più tacere. In cui bisogna trovare il coraggio di dire a voce alta anche quelle cose che nessuno vorrebbe dire. Quelle verità scomode che taciamo per vigliaccheria, per consuetudine, per pudore.
Arriva il momento in cui qualcuno deve parlare, perché il silenzio non è mai una soluzione, ma solo una facile via di fuga che non porta da nessuna parte.
E allora basta!
Quando davvero abbiamo raggiunto l'esasperazione. Quando quello stillicidio di provocazioni striscianti, cattive, prepotenti ci logora dentro, consumando anche un po' della nostra anima, minando le nostre certezze, la nostra fiducia che il mondo possa, in fondo, essere migliore di quello che sembra... allora viene il momento di dire le cose come stanno.
E... lo so, tutti prima o poi ci sono passati. Anche a me era già successo a volte, di dover affrontare una situazione simile. Quando lavori in posti molto grandi... megacompagnie, uffici pubblici, ministeri, enti... devi confrontarti costantemente con questa situazione. 
Ma, ad essere sinceri, mai e poi mai mi era capitato di dover subire questo scempio in modo così sistematico, quasi scientifico. Tutti i santi giorni!
Quindi vorrei dire a questa “persona” chiunque essa sia, che sono stufo, ogni volta che devo andare in bagno, di dover fare il “totocesso” sperando di non beccare la tazza marchiata vilmente dal suo deretano. Non mi interessa come abbia fatto a trasformare il buco del culo nell'equivalente di un aerografo, né provo la minima compassione per gli spasmi atroci che quasi sicuramente precedono la deflagrazione con cui devasta i bagni. Semplicemente deve smettere di scagazzare follemente ogni giorno! Basta! C'è un limite a tutto.
Non lo dico solo per me. La vedo l'espressione terrorizzata di chi, come me, si accinge a entrare nel bagno, non sapendo cosa troverà lì dentro. Vedo quel misto di timore, disgusto preventivo, speranza che, almeno per una volta, quelle atroci paure si riveleranno infondate...
Ma cacchio! Non si può vivere così.
Ho visto persone trattenersi fino a star male pur di non entrare in quei cessi.
Ne ho viste altre prendere la macchina e correre nel bagno di casa, anche a distanza di chilometri e chilometri.
Ho visto persone pregare, prima di aprire quella porta!
Ma di fronte allo scagazzatore seriale non c'è preghiera che tenga.
E sono anche stufo di guardare con sospetto le persone che incontro nei corridoi. Di chiedermi costantemente "sarà lui?". Di essere consumato dal sospetto e dalla sfiducia tanto da non riuscire più a sorridere agli altri, perché ognuno di loro è il mio potenziale nemico, 
Non so chi tu sia, non so se sei umano o alieno. Non so niente di te, ma una cosa te la posso dire: amico, fatti curare. Tu non stai bene. Non è normale quello che fai tutti i giorni in quei bagni... è roba che non si è mai vista, neanche in un film dell'orrore, neanche in un film di John Waters!
Amico, non si può andare avanti così... te lo dico perché se le cose non cambiano vedo solo due possibilità: la prima è il linciaggio (perché appena ti becchiamo non ci sarà alcuna pietà), la seconda è che tu vada incontro spontaneamente all'autodistruzione nel corso di una di quelle magmatiche defecazioni (il che vorrebbe dire trovare oltre al tuo ormai consueto marchio, anche il tuo cadavere rattrappito, probabilmente parzialmente abbarbicato ai bordi della tazza... e non ce lo meritiamo).

Quindi, prima che la situazione degeneri e diventi più spiacevole di quanto già non sia (e ti assicuro che lo è già molto)... rifletti, e curati!

Cazzo...

NB. Per ovvi motivi questo post è privo di immagini.