domenica 11 gennaio 2009

BUON ANNO!

NOTA BENE: fatti e riferimenti a persone realmente esistenti non sono del tutto casuali, ma sono sicuramente romanzati e rielaborati secondo l'ispirazione del momento e l'uso  smodato di alcolici...



Ci ho messo 5 ore per scegliere il vestito.
Prima ero troppo sexy, sembrava volessi riconquistarlo, poi ero troppo casual, sembrava mi fossi lasciata andare fino a perdere gli ultimi rimasugli di femminilità. Ho provato varie formule, per così dire, intermedie e facevo schifo perché non ero né carne né pesce... alla fine ho recuperato il vestitino iniziale anche perché, cazzo, è pur sempre un veglione di capodanno; ma ho sostituito le calze e le scarpe da escort di lusso con qualcosa di più sobrio e, pur se con un minimo di rimpianto, ho rinunciato al push up, che faceva sempre la sua porca figura.
Trucco... poco e sapiente, più per occultare le magagne che per evidenziare qualcosa. Non che ci sia tanto da evidenziare poi... anche se, devo dire, i miei occhi sono pur sempre di un verde stupendo.
Mi guardo allo specchio e vorrei rifare tutto daccapo, ma ormai è tardi: non mi va di arrivare per ultima, qualcuno potrebbe pensare che voglio mettermi in mostra.
Comunque sono già completamente spossata e non sono ancora neanche uscita di casa. Perché ci vado? Mi chiedo poi. E non sono l'unica a chiederselo... me l'ha chiesto anche mia madre. Non ho saputo cosa dirle, ovviamente, quindi mi sono limitata a scappare nell'altra stanza farfugliando “devo andare e basta!”
Che poi è la verità. Devo andare e basta... è una questione di principio... e di solitudine.
Cioè... io avevo cinque semplicissimi punti fermi nella mia vita: Giovanni, il mio ragazzo. E i fantastici quattro: Clelia, Alberto, Leo e Angela, i miei amici storici, quelli con cui ho condiviso 5 anni di forum (lo so, lo so non dite niente è terribile ma è così, gli amici li ho raccattati in un forum) e di vita e di parole e di fissazioni, di concerti, di libri... i miei amici insomma. Quelli di cui, tanto per essere precisi, Giovanni era anche un po' geloso, e che considerava mezzi sfigati (sempre per la faccenda del forum è ovvio)... uso il passato perché poi, quando mi ha lasciato non è stato più geloso ed i miei amici hanno smesso di essere sfigati e sono diventati anche i suoi amici.
Mai capito perché.
Voglio dire, lui ce li aveva i suoi amici, no? Ed anche tanti, mica come me che sono sociopatica e ne ho solo 4. Lui ne aveva dozzine di amici quindi, mi chiedo, che bisogno aveva di prendersi anche i miei? Pura ingordigia? Boh?
E comunque, all'inizio, visto che sono poetica e cretina, mi sono detta che non era necessariamente una cosa brutta, anzi... che Giovanni, in pratica, pur scegliendo di lasciarmi, aveva voluto mantenere un legame intatto tra me e lui, attraverso gli amici comuni, che era un suo modo per dirmi che anche se non mi amava più, non voleva perdermi per sempre. Un gesto di dolce sensibilità, in pratica. Sì... sensibilità 'sticazzi!
Nella sostanza, questo non perdersi si è concretizzato in Giovanni che ha cominciato a comparire ai vari compleanni e alle uscite di gruppo con i miei amici con una frequenza allarmante. Sempre lì, puntualissimo, mai che dovesse mancare una volta, eh?! Con quella sua aria finta imbarazzata di chi c'è quasi per caso, e che, sempre guarda caso, non è solo... perché Giovanni, chi l'avrebbe detto, ha trovato quasi subito la sua vera anima gemella, mentre io sono ancora sola.
Però, come dice giustamente Clelia, sono pure io che mi ci fisso su queste cose. E che diamine! La vita continua, va avanti, si cresce, ci si evolve, mica posso stare sempre lì a rimuginare sul fatto che per tutti i 7 anni in cui siamo stati insieme, Giovanni ha sempre detto di non sentirsi pronto per “le cose serie” e che una convivenza non era assolutamente proponibile... ma due mesi dopo avermi lasciato è andato per l'appunto a convivere con quella grandissima troia della sua nuova ragazza che, per carità, non mi ha fatto niente, ma la odio lo stesso con tutte le mie forze non fosse altro per il fatto che si chiama Sabrina, proprio come la protagonista del mio film preferito e che quindi mi ha tolto anche il piacere di rivedermelo da sola sul divano perché, ogni volta che sento nominare quel nome, mi si torce lo stomaco.
E poi, dice sempre Clelia, sono anche passati quasi due anni ormai. Basta vivere nel passato.
Ecco perchè devo andarci, a questo dannato capodanno.
Perchè ho finalmente voltato pagina e posso festeggiare l'hanno nuovo serenamente, anche se ci sono Giovanni e Sabrina. E anche perché l'unico invito per capodanno me l'ha fatto Clelia, bontà sua.
Dopo aver invitato Giovanni e Sabrina s'intende...
Me la ricordo la telefonata, è andata più o meno così: ciao Fiorella sono Clelia... come stai, bla bla, sì anche io e poi bla bla... sì per capodanno stavamo organizzando da me, bla bla bla, ma naturalmente tu sei dei nostri, no?
Ed io: ma certo che sono dei vostri, bla bla, è una tradizione ormai... come fareste senza il mio zampone con lenticchie, bla bla...
E Clelia assume quel tono particolare, quello venato dell'imbarazzo tipico di quelle persone che stanno per darti una tranvata. Una specie di preallarme, in modo che tu lo sappia che sta per arrivarti qualcosa di spiacevole addosso prima ancora che le parole formino il concetto temuto. E mi fa: ah! A proposito... mica è un problema se viene anche Giovanni vero? Perché gliel'abbiamo già detto.
Ed io pronta: no ma che problema c'è? Ed intanto mi domando che me lo si chiede a fare, adesso. Se c'era il dubbio che potesse crearmi problemi, perché non chiedermelo prima? Se sono la tua amichetta del cuore, scusa, prima inviti me, mi chiedi se è tutto ok, e poi lo dici a lui! Non così, al contrario, perché suona tanto come un se ti rode chissenefotte, stai a casa perché a noi interessa più che venga Giovanni, anche se ha ricevuto inviti al altri 15 veglioni...
Ma forse sono io che sono fatta male e che penso in modo contorto. Anzi sarà sicuramente così.
E così eccomi pronta, carica delle migliori intenzioni per far sì che sia una serata divertente e, soprattutto, priva di tensioni e vecchi rancori che possano venire a galla ed inquinare il cenone.


Il primo momento di vero panico arriva nell'ascensore.
Sono lì con un enorme vassoio di cotechino e lenticchie che oscilla pericolosamente (anche perché sui tacchi non ci so camminare) ed armeggio goffamente con la porta e col pulsante del piano, rischiando di far finire tutto a terra. Lo vedo, ovviamente, come un presagio. Ma me ne frego perchè ho attraversato mezza città da sola per esserci. Gli altri anni s'era sempre offerto qualcuno di venire a prendermi, quest'anno stranamente erano tutti incasinati... che sia un altro presagio, o solo l'accenno di un sommesso disinteresse, chissà?
Ma ora sono qui. Ho preso anche la metro vincendo ogni remora claustrofobica, visto? Sto superando le mie paure, posso superare anche Giovanni e la sua fidanzata! Posso iniziare il nuovo anno liberandomi delle vecchie zavorre e spiccare il volo verso un 2009 da sogno... sì sì, ne sono sicura e quindi, pigio il pulsante del piano col gomito.
Ormai non si torna indietro.


Per i primi venti minuti della serata, riesco davvero a crederci che sarà così. Mi sento quasi leggera. Ad un certo punto mi convinco addirittura che i miei quattro amici del cuore siano esattamente gli stessi di qualche anno fa, e che sia stata io, sprofondata nella mia crisi di autocommiserazione rosicatoria, ad aver voluto ostinatamente vedere i segnali del loro disinteresse in una serie di inezie che avevano, nella realtà, tutt'altre giustificazioni.
Quasi quasi sarei tentata di rimproverarmi da sola per avere permesso alle mie paranoie di rovinare il bel rapporto che avevo con loro. Ed intanto bevo distrattamente del vino rosso, anche per darmi un tono, visto che non mi parla nessuno.
Poi arriva Giovanni e comincio a pensare che, alla fin fine, venire lì non sia stata poi questa grande idea.
Perché, quando ce l'ho vicino, mi viene spontaneo di toccarlo, capite?
Non che sia questa bellezza irresistibile, intendiamoci. Giovanni è un tipo passabile, tutto lì.
Ma è stato il mio tipo passabile per sette anni! Era il mio Giovanni, quello che sfioravo con la mano, e col quale scambiavo occhiate complici quando arrivava uno vestito come il tipo che adesso sta armeggiando con lo stereo, che sembra uscito da Miami Vice con con quella giacca rosa inguardabile. Per non parlare delle basette, ma chi gliel'ha progettate un architetto ubriaco o un geometra pentito? Ecco, uno così è il classico tipo da mezzo sorriso ammiccante e sguardo complice scambiato di sottecchi con Giovanni, che non sarà bellissimo, ma ha sempre saputo vestirsi con gusto. E non c'era neanche bisogno di parlare su queste cose, ci capivamo al volo, quando ancora potevo ammiccare guardandolo negli occhi...
Adesso non posso più, e mi bevo un altro bicchiere di vino, porca zozza!
Ogni tanto mi sembra che Alberto guardi verso di me con aria preoccupata e non mi è ben chiaro se la sua preoccupazione sia per quanto sto bevendo o per la presenza di Giovanni... vorrei chiederglielo, ma ho come l'impressione che la prenderebbe come una domanda provocatoria. Alberto nell'ultimo periodo è diventato molto sensibile e quasi tutto quel che faccio o dico lo prende come provocatorio, altrimenti non mi avrebbe rinfacciato di essermi chiusa e di aver respinto la sua amicizia...
Insomma. Stavo male, ero sola e non volevo attaccare il pippone della sfigata abbandonata... o meglio, volevo disperatamente attaccare il pippone della sfigata abbandonata, ma aspettavo almeno un minimo segnale da parte sua prima di iniziare, Chessò, qualcosa di banalissimo tipo una telefonata per chiedermi: come stai?
A quel punto, hai voglia... l'avrei sommerso di chiacchiere piagnucolose per almeno un paio di mesi. Ma visto che lui quella telefonata non me l'ha mai fatta, mi sono tenuta dentro tutto quel mare agitato di malessere nauseante senza rendermi conto che stavo mancando di sensibilità nei suoi confronti... e lui giustamente s'è offeso, eccheccazzo, lo capisco, poverino.
Vabbè dai, ma la serata poteva andare anche peggio. Sto reggendo bene la botta, mi sembra. Così dimostro anche ad Angela che i suoi timori erano infondati quando ha buttato giù casualmente quel: “che poi se non te la dovessi sentire di passare il capodanno con noi, ci può stare... nessuno ti rimproverebbe per questo...”. Carina a preoccuparsi così tanto per me, l'ho sempre detto che è la più sensibile del gruppo. Ma no, ce la faccio benissimo, vedi? Mi sto divertendo alla grande mentre conto le mattonelle che vanno dalla finestra al muro di fronte.
Poi, lo stronzo con la giacca rosa, perchè può essere solo uno stronzo, è evidente, mette “Ma quanto tempo e ancora” di Biagio Antonacci. Io mi volto a guardarlo come se mi avesse schiaffeggiato, lui sorride come un ebete perché tanto non ha capito un cazzo, ed annuisce soddisfatto della scelta musicale, ignorando il fatto che avrei voglia di fargli ingoiare lo stereo con tutte le casse.
Giovanni si sta servendo al tavolo del buffet ed, inevitabilmente, incrociamo gli sguardi.
A questo punto devo parlargli per forza, mi pare logico.
Mica posso fare la parte di quella che c'ha ancora delle cose in sospeso... dei sentimenti insoluti!
Io sto bene, è bene che sia chiaro a tutti.
Così barcollo verso di lui.
Ciao... dico stando attentissima all'intonazione, che in questi casi è tutto.
Ciao risponde lui con un'intonazione del cazzo.
Bella serata no? Faccio io cercando di non guardarlo troppo.
Già, fa lui bevendo l'aranciata sul cotechino, ma si può?!
E poiché lo sguardo lo sto facendo vagare, per non sembrare che voglio chissà che, lo sguardo si posa sulla sua mano e sulla fedina – un po' grossa per verità, cioè vuoi farti la fedina, va bene, ma un minimo di buon gusto, no? - che lui ha messo al dito.
Uh hai fatto la fedina, dico con sincera sorpresa, che bellina, eh... ma state davvero bene insieme, pensate di sposarvi prima o poi?
Lui barcolla. Mi fa anche spaventare un po' e penso “ 'cazzo avrò detto mai? Ho fatto una gaffe? Vuoi vedere che ho fatto una gaffe?! Mio dio ti prego, fa che non abbia fatto una gaffe!!!
Anche Clelia si sta avvicinando perché lei un po' ce l'ha quest'istinto, cioè, se ne accorge quando le cose stanno per andare davvero di merda.
Ed io intanto, prendo un piatto e comincio a metterci del cotechino con le lenticchie, tanto per fare qualcosa e non starmene lì con le mani in mano come un'idiota.
E finalmente, dopo mezzo secolo, Giovanni parla.
Meglio se stava zitto, però, perché dice qualcosa che suona più o meno come: no è che, cioè, non è una fedina quella...
A quel punto io, invece di lasciar cadere la conversazione ed andarmene, metto altre due fette di cotechino nel piatto e glielo chiedo, imbecille che non sono altro, invece di cucirmi la bocca, glielo chiedo, ebete rincoglionita, anche se lo so che non dovrei farlo, che dovrei tenere la boccaccia chiusa come una saracinesca saldata al pavimento, la apro invece per dire: ah! E che cos'è?!
Lui guarda ovunque. Dal soffitto al pavimento, dall'alpi alle piramidi e con tono molto basso questo devo concederglielo, sussurra che è una fede.
Io non parlo. Ma lui quel silenzio deve scambiarlo per il desiderio di approfondire perchè aggiunge che sì, è stata una cosa fatta un po' in sordina, seguendo un impulso, quindi non l'ha detto quasi a nessuno, neanche a Marcello.
Marcello è il suo migliore amico.
Caspita! Dico io. E dovrei andarmene, lo so! Non sto bene, questa cosa del matrimonio non me l'aspettavo e mi ha scombussolato, ma non sono sicurissima delle gambe, quindi resto ad aggiungere una mestolata di lenticchie ed a chiedere: e chi c'era?
Solo Clelia, Alberto, Leo ed Angela.
Lo guardo, proprio negli occhi questa volta: “Ma chi, i miei Clelia, Alberto, Leo ed Angela?
Lo dico con una certa enfasi in modo che si capisca che quel “miei” è molto possessivo, perché non ci siano fraintendimenti insomma.
Lui balbetta qualcosa del tipo, erano gli unici a cui si è sentito di dirlo... poi va via dando origine alla più drammatica ritirata dopo quella di Russia. Solo che lì Napoleone s'era giocato un impero, qui c'è roba molto meno importante in ballo.
Lui va, e Clelia mi si affianca con aria, come dire, preoccupata e colpevole.
No sai... dice, noi aspettavamo l'occasione giusta per dirtelo...
Che carini! Loro si preoccupavano per me, ecco perché sono andati al matrimonio del mio ex senza dirmi niente, per non ferirmi! Ovvio, no?
Sapevo che erano ancora i miei amici del cuore.
Ma no figurati... è tutto a posto. Le rispondo ingollando una forchettata gigantesca di lenticchie in modo che sia chiaro che se non dico nient'altro è perché sono una persona educata e non parlo a bocca piena, non perché non ho niente da dire.
Vado in un angolo, dalla parte opposta a quella di Giovanni, che intanto sta dicendo qualcosa ad Alberto e tra tutti e due, bisogna dirlo, stanno facendo un gran gesticolare, ma a me non importa io ho altro a cui pensare. Abbasso lo sguardo sul mio piatto, e mi rendo conto che tra una cosa e l'altra, mentre cercavo di non svenire, c'ho messo dentro cotechino e lenticchie per un reggimento di alpini.
Ma tanto meglio. Così posso passare tutto il tempo che mi separa dalla mezzanotte a mangiare, senza essere costretta a parlare di niente con nessuno.
Mangio anche con una certa voracità... mentre il cervello è così sovraccarico di pensieri da cessare quasi ogni attività. Cioè i miei amici, i MIEI amici, sono andati al matrimonio del MIO Giovanni, che però si stava sposando con un'altra e poi, loro, non mi hanno detto niente, e... Gesù, che capodanno di merda!
Mi verrebbe anche da piangere, ma poi che figura farei? Non posso mica crollare così, davanti a tutti. E quindi ingollo cotechino e lenticchie che, se non altro, dovrebbero portare soldi. Visto mai che gennaio iniziasse con una bella proposta di lavoro?
Mastico poco, ingoio molto.
E che sarà mai? Cioè, in questa stramaledetta serata ho mandato giù ben altro. Il cotechino al confronto non è nulla.
Mangio e un po' piango mi sa. Perché con tutta la buona volontà, nonostante tutti i miei buoni propositi, non ce la faccio a restare impassibile. Non ce la faccio! Porca miseria, è inutile che mi lanciate quelle occhiate allarmate, vorrei vedere voi al mio posto, cazzoni che non siete altro. Che poi... ci voleva quest'arco di scienza per immaginare che la cosa sarebbe venuta fuori, non era meglio venirmi a trovare a casa, qualche giorno prima? È vero che non abito vicino, ma sono io quella che sta a piedi, voi la macchina ce l'avete tutti e quattro!
Comunque, non lo so se ce la faccio a fare la mezzanotte, quasi quasi chiamo un taxi...
Mentre sto andando dentro, verso il cappotto... intercetto Alberto e Clelia.
Senti Fiorella... lo sappiamo come stai...
Eh no scusate, voi non sapete un cazzo! Penso, ma reputo più dignitoso dire che sto bene.
Noi, volevamo dirtelo, davvero, ma abbiamo pensato che non eri ancora pronta... e, diciamo la verità per te era meglio non sapere, non l'avresti mai digerita 'sta cosa.
No è vero, non l'avrei digerita. Come non digerirò mai il cotechino e le lenticchie che ho forsennatamente ingoiato poco fa, tant'è che, senza una parola, mi protendo improvvisamente in avanti e vomito tutto sui piedi di Alberto.
Lui non ha neanche il tempo di scansarsi, si limita a guardarmi inorridito. Probabilmente, più tardi, avrà modo di attribuire anche questo alla mia mancanza di sensibilità.
Molto più tardi, però, perché ce ne vorrà per pulire quelle scarpe.
Mi asciugo la bocca con un tovagliolo e chiedo scusa, a tutti.
Clelia vorrebbe dire qualcosa lo so. E se sta zitta non è per cattiveria o per disinteresse, è che proprio non sa cosa dire, ma almeno il suo sguardo sembra sinceramente dispiaciuto e forse ha cominciato a rendersi conto di quanto è stata stronza.
A me, comunque, non importa. Voglio andare a casa.
Ma dove vai guarda che qui tra poco sparano...
Effettivamente è quasi mezzanotte. Ma tant'è... se fossi nata nella striscia di Gaza correrei questo rischio tutti i giorni, non solo a capodanno, quindi vado...
Mentre mi avvio a piedi, verso casa, cominciano a sparare. Ci sarebbe quasi da aver paura, ma non me ne fotte proprio. Sparino pure, anzi, sparo anch'io, c'ho qui in tasca un bellissimo petardo che avevo portato per l'occasione...
Davanti a me c'è un'auto eroicamente parcheggiata in aperta sfida alla follia dinamitarda dei festeggiamenti.
La riconoscerei dovunque perché è quella in cui ho fatto l'amore per l'ultima volta con Giovanni. Mi chiedo se ci scopi anche con la mogliettina, o se loro due lo facciano solo a casa e in albergo. Magari lei, che è così perbenino, certe cose in macchina non le fa.
Che le faccia o no, quella è l'auto in cui ho fatto le mie performance migliori, e se proprio non posso riprendermi Giovanni... cavolo, è capodanno no?
Prendo un sasso, sfondo il finestrino, accendo il petardo, lo butto dentro... e vaffanculo!
Mentre mi allontano vedo che la tappezzeria del sedile ha preso fuoco.
Peccato, Giovanni l'adorava quell'auto, però, ormai aveva più di sette anni, e che cavolo, così avrà un motivo in più per cominciare l'anno rinnovandosi.
Io di certo dovrò farlo...