venerdì 11 aprile 2008

Into the Wild

Finalmente sono arrivato ai confini del mondo.

Alle mie spalle c’è la civiltà, con le sue trappole, le sue false promesse, le sue soffocanti catene fatte di grevi sensi di colpa o stupide aspirazioni materiali, davanti… solo la libertà.

Fino a dove riesco a spingere lo sguardo posso vedere  solo la natura selvaggia. Una distesa immensa e bellissima… ed il suo richiamo è così seducente, quasi sensuale.

Finalmente ho l’occasione di scoprire davvero cosa sono.

Vorrei che i miei genitori potessero vedere… potessero almeno cercare di capirmi. Ma è inutile. Loro sono troppo inquadrati in questa assurda società capace solo di mentire. Se accetti il suo gioco e le sue regole, ne vieni risucchiato e reso un ingranaggio del meccanismo. Se ti rifiuti, gli ingranaggi stessi, a cui non ti sei voluto conformare, ti risucchiano e ti masticano per poi sputarti via ridotto ad un niente usato  e distrutto. Questo sono diventati ormai i miei genitori: ingranaggi. Ed io, per la società e per i miei genitori, sono solo un elemento impazzito ed inutile, da rifiutare prima che possa rivoltarglisi contro.

L’unica che avrebbe potuto capire cosa sto cercando di fare è mia sorella, ma non potevo portarla con me. Questo viaggio devo farlo da solo e poi, forse, un giorno, tornerò qui con lei, le farò vedere tutto questo…  e rideremo insieme.

Stamattina sono uscito a caccia, all’alba.

L’aria era fredda e pulita. Il cielo limpido. Per un attimo ho avuto la sensazione di essere l’ultimo uomo sulla terra e, per certi versi, è così. Qui io sono l’unico… l’ultimo.

Ho ucciso un alce ed ho cercato di macellarlo e di affumicare la sua carne, ma l’operazione è risultata un po’ più complicata del previsto.
Per un momento ho provato una sensazione di sconforto e tanta amarezza per tutto quel cibo perso, inutilmente, a causa della mia goffaggine, ma è stato solo un attimo. La prossima volta starò più attento… la prossima volta non sbaglierò.
...


“Ormai ci siamo quasi”.

“Sei proprio sicuro sia morto?”


“Guarda tu stesso…”

“Accidenti…”


“Che ti dicevo?”

“Che peccato… era ancora giovane, aveva tutta la vita davanti…”


 “Già”.

“Hai idea di come sia successo?”


“Un cacciatore”.

“Un cacciatore? Ma come? Sono almeno cento anni che non se ne vedono da queste parti!”


 "Questo è arrivato da poco… ha passato il fiume qualche giorno fa”.

“Merda…”


“Già”.

“Ma si può sapere perché vengono qui a tormentarci? Perché non se ne restano nelle loro città puzzolenti?”


“Forse perché sono puzzolenti…”

“E che cazzo, le hanno fatte loro così, no?”


“Già”.

“Un cacciatore… porca troia! Sarà meglio avvertire il resto del branco…”


- - - - -



«Sono salito quassù, sulla cattedra, per ricordare a me stesso che dobbiamo guardare le cose da angolazioni diverse... e il mondo appare diverso da quassù»

il Prof. Henry Keeting / Robin Williams, dal film L’Attimo Fuggente di Peter Weir
(PS la prima volta che ho visto l'attimo fuggente l'ho trovato un bel film:  lo so, lo so... ma nessuno è perfetto) 

CONSIDERAZIONI SERIE SUL FILM

Molti trovano che il protagonista di Into the Wild sia un eroe. Una figura da prendere come esempio per la fermezza ed il coraggio dimostrati nello scegliere una vita diversa. Fino alle estreme conseguenze.

Personalmente credo sia una questione di punti di vista.

Per esempio, qualcuno che nel consumismo ci sguazza per bene (e magari non vive a Napoli come me e deve farsi strada attraverso la 'monnezza ogni giorno), potrebbe dire che Into the Wild racconta la storia di un ragazzo problematico ed insoddisfatto che, non avendo la capacità di integrarsi nella società e relazionarsi al prossimo, al mondo del lavoro etc etc, sceglie una vita che per lui è "ricerca interiore", ma che invece è solo una fuga. Campa per due anni in modo assurdo, fuggendo a qualsiasi rapporto con "gli altri" e finisce per morire come un idiota mangiando una pianta velenosa. Di fatto, qualcuno potrebbe dire che ha buttato la sua vita.
Io, invece, mi pongo nel mezzo.

Per me il protagonista non è un eroe. Non lo ammiro più di tanto per quello che fa, anzi, in certi momenti lo trovo abbastanza irritante. Ma lo capisco ugualmente.

La lettura che do io a questo film (che comunque trovo bellissimo), è che il protagonista è una vittima. Vittima di una società che può spingerti a fuggire. Che quasi ti scaccia, a volte.
E' la vittima tragica di una famiglia sbagliata, di false aspirazioni, e di una sua incapacità: l'incapacità di rimanere se stesso e di vivere all'interno dei meccanismi che lo circondano, senza riuscire a restare se stesso. Per mantenere e far crescere la propria coscienza di sè, lui DEVE fuggire. ma se sia una vittoria o una sconfitta, non saprei dirlo.
Quello a cui rinuncia non è meno importante di quello che riesce (ma ci riesce davvero?) a trovare.
Indubbiamente, comunque, un ottimo spunto di riflessione per affrontare le nostre giornate "normali" con una consapevolezza e magari obiettivi diversi.

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