sabato 12 aprile 2008

Il Cielo è ancora Azzurro

Gigino mi guarda con aria stanca, deve aver dormito male anche lui, ma, nonostante tutto, sorride sempre.
Mi chiede se voglio il solito ed io annuisco.
Il caffè è proprio quello che mi serve, soprattutto a prima mattina: senza sarei perduto.
Lui me lo porge commentando che oggi è il grande giorno, e poi mi dice di stare attento, che la tazzina è bella calda, come vuole la tradizione.
Annuisco ancora.
Lui sembra deluso dal mio scarso entusiasmo e, quasi a chiedere conferma, mormora che a lui sembra che si tratti di una cosa buona, no?
Aspetta la risposta dell'esperto, che sarei io. Bella domanda! Ci penso, sorseggiando il caffè. Poi gli rispondo che sì, forse lo è, ma a me tutte 'ste cerimonie ufficiali non è che mi entusiasmino…
Gigino ha delle rughe che gli solcano il volto e che raccontano una vita faticata. Si vede che non se l'è sempre passata bene e, probabilmente, sono soprattutto gli ultimi anni quelli che hanno lasciato i segni più dolorosi. Infatti abbassa lo sguardo e mi risponde che però… dopo tutto quel che è successo…
Non ha tutti i torti. Voglio dire… abbiamo avuto i riflettori puntati addosso per quasi due anni: Napoli e la sua monnezza! Su tutti i telegiornali, in mondovisione… senza pietà.
Ci hanno umiliato, ci hanno compatito, ci hanno schifato ogni singolo giorno, per quasi due anni. Ed ora che tutto è finito, ora che siamo la città più pulita d'Europa… è venuto il momento di rialzare la testa, con un po' di orgoglio.
Quindi gli dico che ha ragione, dopo quel che è successo è il minimo che potessero fare.
Però nessuno mi toglie dalla testa che sarà una giornata insopportabilmente retorica, ma questo non glielo dico, mi limito a pensarlo, perché lo vedo così elettrizzato che mi dispiacerebbe rovinargli l'entusiasmo.
Pago e faccio per andarmene quando lui mi chiede se penso che ci saranno problemi.
La domanda mi prende un po' in contropiede.
I suoi occhi brillano di una luce che non so interpretare mentre insiste a chiedere se ci aspettiamo qualcosa, se credo che proveranno a rovinarci la festa. Sembra quasi che una parte di lui se lo stia augurando. Ma io non credo proprio… Ci sono stati dei momenti duri all'inizio, certo: quando ci fu la rivolta del Pallonetto, o quando la gente mise le barricate in strada, durante le tre giornate di Vico Monteroduni. Ma è stato solo all'inizio, prima che il Supercommissariato per la Ridefinizione degli Spazi Cittadini prendesse il controllo della città. E dopo le prime esecuzioni sommarie, anche i più esaltati si resero conto che al di là degli slogan e delle sassaiole, nessuno era disposto a farsi ammazzare per la propria spazzatura.
Adesso quei giorni sembrano lontanissimi e siamo qui, per celebrare la vittoria del Supercommissariato e di tutti i cittadini. E sarà un successo, non ci sono dubbi.
Del resto è una settimana che preparano P.zza Municipio per l'arrivo delle autorità, ci sono schermi giganti dappertutto per mostrare al Mondo cosa siamo riusciti a fare. Orde di turisti si stanno riversando in città da tutta Italia per assistere al miracolo. Finalmente Napoli è al centro dell'attenzione per qualcosa di positivo… ed io sono in ritardo…
Saluto Gigino ed esco.
Fuori l'aria è fresca e si respira odore di lavanda. Lavanda! L'avreste mai detto?
Le strade sono così pulite che sembrano disegnate da un pittore visionario. Non una carta, non un sacchetto fuori posto… niente, tutto è straordinariamente immacolato, ed il cielo è ancora azzurro, proprio come cinquant'anni fa.
Affretto il passo e raggiungo il palco delle autorità, dove mi aspettano alcuni appuntati, in alta uniforme, come me. Gli organizzatori non sanno bene dove metterci ma, a quel che mi par di capire, staremo alle spalle del sindaco. Per dare un tocco di colore.
Poi arrivano i veri pezzi grossi, da Roma, e la pagliacciata ha inizio. Ma la cosa più assurda è che, mentre sono lì a recitare la mia parte in questo baraccone da quattro soldi, una parte di me non può fare a meno di sentirsi assurdamente orgogliosa.
Il Presidente del Consiglio sta conferendo le onorificenze del caso al Supercommissario, e fanno un gran parlare di Napoli, di come sia tornata ad essere l'icona di un tempo. Applausi.
Ognuno dei presenti ha qualcosa di terribilmente scontato da dire. O qualcuno da ringraziare. Tutti hanno fatto la loro parte per risalire la china, le istituzioni, gli organismi politici, l'esercito nessuno si è tirato indietro, ma il merito maggiore, naturalmente, va a questa meravigliosa cittadinanza. Altri applausi, scroscianti.
È buffo, ricordo che solo qualche anno fa facevamo di tutto per cercare di liberarci di tutti gli stereotipi per dimostrare al mondo che Napoli non era solo cielo, sole, mare, pizza e mandolino. Ed ora, invece, dopo tutto quello che è successo, siamo qui a far festa, felici di potercene riappropriare. In fondo, uno stereotipo per quanto usurato è sempre meglio di un sacchetto della spazzatura, no?
Poi, finalmente, la giostra finisce.
Sono stanco morto ma, ovviamente, non ho voglia di tornare a casa e quindi, me ne sto un po' a passeggiare per il lungomare, fino a pomeriggio inoltrato, poi le gambe non mi reggono più. È proprio ora di andare.
Arrivo a casa, metto la chiave nella serratura e mi blocco. Quasi mi stavo dimenticando di indossare la maschera antigas, che idiota.
Lo faccio con i gesti automatici che derivano, ormai, da una certa abitudine, e poi entro.
L'ingresso per ora sono riuscito a tenerlo sgombro… la spazzatura l'ho ammassata tutta tra la camera da letto, il bagno e il salotto… ma è chiaro che non durerà, ormai lo spazio sta finendo. Ed io, per fortuna ho una casa grande.
Mi guardo intorno cercando di non vedere. I cumuli lerci sono in stato avanzato di decomposizione e impregnano l'aria rendendola fetida, ma con la maschera antigas si sopravvive. Certo, è uno schifo, ma almeno la città è pulita. Ognuno vive con la propria spazzatura e se la gestisce senza appestare gli altri… il Supercommissario ha detto che per la fine dell'anno troverà una soluzione ma, intanto, ognuno deve fare la sua parte.
A volte mi chiedo come andrà a finire… quanto ci vorrà prima che le case esplodano vomitando tutta la spazzatura che stanno nascondendo? Quanto ci vorrà perché questa bugia fatta di strade e marciapiedi  puliti venga cancellata dal lerciume e che la monnezza che teniamo segregata in casa decida di riappropriarsi della città? Chi può dirlo?
Intanto facciamo finta che tutto vada bene e aspettiamo.
Scavalco un sacchetto sventrato che sta colando roba melmosa sul tappeto e vado alla finestra. Ovviamente non posso affacciarmi con la maschera antigas, rovinerei l'estetica della città e manderei un messaggio negativo al resto della popolazione, ma guardare posso, attraverso i vetri. Guardare fuori, in fin dei conti, è la nostra unica consolazione perché la città è una distesa felice… e il cielo è ancora azzurro…



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