venerdì 21 marzo 2014

Una parola al giorno (o quasi): CORAGGIO

Fino a 45 anni Winston Tucker non aveva mai visto il mare.
Ne aveva sentito parlare, ovviamente. E una volta, verso i 27 anni, qualcuno gli aveva fatto vedere una vecchia foto sbiadita ritagliata da un giornale, in cui sullo sfondo, oltre una grossa cadillac rosa, si intravedeva uno spicchio d’oceano blu. Ma i contatti tra Winston e il mare non erano andati oltre, e questo non perché non ne avesse avuto la possibilità o perché avesse un qualche problema particolare con il mare ma, molto più semplicemente, perché la cosa non lo interessava minimamente. Diceva che non sapeva cosa farsene di un’immensa distesa d’acqua inutile come il mare. Che senso ha tanta acqua se non la puoi bere, non ti ci puoi lavare e non ci puoi innaffiare le piante?
Del resto, Winston Tucker era fatto così: era un uomo pratico. Il suo interesse per ciò che non lo riguardava direttamente o non poteva rivelarsi utile in qualche modo era prossimo allo zero e, a pensarci bene, non ci sono molti modi in cui il mare possa rivelarsi utile per un minatore del Kentucky.
Si diceva, per la verità, che Winston non fosse nato nel Kentucky, che venisse dal sud e fosse imparentato con qualche proprietario terriero della Carolina del Sud. Ma erano solo voci non confermate, e quale che fosse la verità, i Tucker si erano trasferiti nel Kentucky quando Winston era ancora un bambino e da allora non si erano più mossi da lì.
Questa è la mia terra e non vedo proprio perché dovrei prendermi la briga di scapicollarmi a valle, solo per vedere una cosa inutile come il mare – diceva.
Beh ma al mare puoi fare il bagno – gli rispondeva Fred Bonner per provocarlo – e ci puoi nuotare anche, nel mare, sissignore!
Ma quelle erano cose che Winston poteva fare tranquillamente nel Martins Fork Lake, che era decisamente più vicino e che non era salato e, a quel punto, la conversazione terminava immancabilmente anche perché Fred non era proprio l’equivalente di un oratore smaliziato e non riusciva a obiettare nient’altro che qualche brontolio confuso.
Col tempo però questa cosa di Winston e del mare, passando di bocca in bocca, era diventata una cosa grossa. Del resto, non è che ci fosse molto da fare ad Harlan, se non scavare nelle miniere e morirci dentro. Quindi, tra una tragedia e l’altra, non restava che parlare di questo o di quello. E bisogna ammettere che la difficile relazione tra Winston e il mare, in un posto come Harlan, si guadagnava inevitabilmente il podio tra le questioni di cui parlare tra una birra e l’altra.
All’inizio a Winston la cosa era anche piaciuta.

Essere il principale argomento di conversazione della contea era, tutto sommato, divertente.
Dopo un po’, però, alcuni di quelli che non provavano troppa simpatia per lui, cominciarono a infilare nel discorso delle velate insinuazioni sul perché Winston avesse così tanti problemi col mare.
Se uno è a posto, regolare, che problemi può avere con una cosa tranquilla come il mare? Vai, lo guardi e torni, punto. Se proprio hai voglia, ti levi le scarpe e i calzettoni bucati, e fai quattro passi sul bagnasciuga. Se sei un vero temerario puoi fare addirittura il bagno. Ma non è obbligatorio, certo. Però che diamine, un’occhiata al mare gliela dai, no?!
Ci doveva essere qualcosa di profondamente sbagliato in quel Tucker. Doveva per forza nascondere qualcosa di molto brutto. Nossignore, quel Tucker non la contava giusta.
Sempre all’inizio, Winston aveva sorriso con una certa superiorità di quei quattro cialtroni che sparlavano alle sue spalle.
Dicessero quel che gli pareva… a lui non importava. Aveva le sue grandi mani callose, i suoi amici, il suo whisky, e quella miniera di merda. Il sabato, nel Saloon, poteva fingere di saper suonare il pianoforte. Insomma, lui stava benissimo così e non gli mancava niente, men che meno il mare.
Poco a poco, però, le insinuazioni della gente, avevano cominciato a diffondersi, a far proseliti, a mietere consensi e dopo qualche tempo si erano trasformate da mormorio indistinto a vociare un po’ confuso sì, ma assordante, e a Winston erano inevitabilmente girate le palle.
Successe così che una sera, lui e Teddy Donnegal presero a discutere fitto fitto della cosa. Iniziarono alle 18 e finirono verso le 4 del mattino, solo dopo essersele date di santa ragione.
Per la verità non si sa bene come cominciò. Qualcuno disse che fu Winston, qualcuno Teddy, qualcun altro disse che era stato Walton e che poi, quando aveva visto che le cose si mettevano male, se l’era squagliata. Fatto sta  che i due cominciarono a discutere parlando del mare e del perché e del percome, del forse e del quando. Winston com’era sua abitudine, argomentò pazientemente enumerando tutte le sue buone ragioni. L’altro lo ascoltò in silenzio per quasi un’ora e quando Winston finalmente tacque, gli disse che poteva dire tutto quello che voleva, ma nessuno gli toglieva dalla testa che Winston se la faceva sotto! Proprio così, lui il mare non lo aveva mai visto perché si cacava sotto dalla paura. Aveva un fottutissimo terrore di tutta quell’acqua.

Ora, a Tucker si poteva dire quasi tutto, tranne che avesse paura di qualcosa. Se gli davi del fifone smetteva di soridere e diventava cattivo. E così fu probabilmente per questo che a proposito di paura, ricordò a Teddy di quella volta che non aveva trovato il coraggio di invitare Jenna Woolbridge al ballo, e poi lei era stata invitata da Marshal Smith, e due settimane i due erano già marito e moglie, mentre Teddy – quello sì che era un cacasotto secondo Tucker - aveva passato le due settimane succesive a ubriacarsi.
Non che la cosa non fosse vera. È che a Teddy quella storia bruciava ancora e parecchio. Teddy era stato, e probabilmente era ancora, fottutamente innamorato di Jenna, lo si vedeva da come gli luccicavano gli occhi, la domenica, quando la vedeva presentarsi a messa con i suoi tre figli e la pancia gonfia del quarto. E a Jenna piaceva Teddy. Ma lui non si era mai fatto avanti con lei, non aveva trovato il coraggio e lei, alla fine aveva ceduto alla corte di Marshall perché non c’era nient’altro che una brava ragazza potesse fare nella contea di Harlan, se non maritarsi con un buon partito, all’età giusta. E Marshal lo era… un buon partito, ma soprattutto, Marshal a differenza di Teddy, l’aveva invitata e gliel’aveva chiesto.
Quindi, come potete immaginare, quando Winston rinvangò tutta la faccenda Teddy non ci vide più e fu così che dalle parole passarono alle urla, dalle urla alle minacce e dalle minacce ai pugni.
Alle tre del mattino se l’erano date di santa ragione, con tale impegno che a stento si reggevano in piedi. Ma non era finità lì, perché Winston era così... non era disposto a chiudere la questione in parità. E così disse che non aveva paura di niente lui, che si era rotto le balle e che sarebbe andato a vedere questo cazzo di mare, così Teddy e tutti gli altri avrebbero finalmente chiuso la bocca.
E c’è da dire che Winston, quando diceva una cosa, la faceva. Così prese a camminare, ancora un po’ traballante, fino alla fine della strada dove chiese un passaggio a un furgoncino scassato. Sul furgoncino arrivò fino a Johnson City, da lì beccò un predicatore pazzo che lo portò fino ad Asheville. Ad Asheville andò a mangiare una bistecca dal vecchio Brickerbuck, che cucinava la miglior bistecca nel giro di 500 miglia e poi prese al volo un camion fino a Spartanburg. Fece una breve deviazione fino a  Greenville perché una volta aveva sentito parlare di una barista con le tette più grosse di tutto il Kentucky che, a quanto pare, lavorava da quelle parti. Era un’esagerazione ovviamente. La barista c’era e le sue tette erano effettivamente piuttosto grosse, ma aveva visto di meglio. 

La parte finale del tragitto Winston la fece su un treno merci per la tratta Columbia-Florence-Conway, e poi, finalmente, sul retro di un carro malandato, arrivo a Myrtle Beach e all’oceano.
Era un po’ emozionato Winston, quando raggiunse la spiaggia. Ma neanche più di tanto.
Sapeva già cosa avrebbe trovato.
Acqua. Tanta acqua. Troppa acqua.

Restò lì un po’, con lo sguardo che si perdeva oltre l’orizzonte. Poi raccolse una manciata di sabbia se la mise in tasca si voltò e tornò indietro.
Ci mise 30 ore per andare e tornare.
Arrivato ad Harlan andò direttamente da Teddy. Gli mise la sabbia in mano e disse: “io non ho paura di niente… coglione!”
Teddy restò lì, impalato, come un cretino, con la sabbia di Myrtle Beach in mano.
Restò lì per due o tre ore, con il sole a picco che gli dava in testa. Ma lui niente. Fermo. Cristallizzato. La fronte imperlata di sudore. I granelli di sabbia che cadevano a terra attraverso le dita… lo sguardo fisso su quella mano.
Poi, all’improvviso, si riscosse e andò diretto da Jenna Woolbridge, e le stampo un bacio in bocca, così, senza neanche una parola.
E lei quel bacio se lo prese tutto,e anche un altro paio, stando a quello che si dice. E forse, ma non è confermato, si prese anche qualcos’altro. Ma non lì, sul patio di casa, dove potevano vederli tutti. Qualche giorno dopo, in un piccolo motel lì vicino. Fatto sta che una manciata di mesi più tardi, con una pancia grande ormai come un dirigibile, Jenna lasciò Marshall e scappò via con Teddy.
Si stabilirono a Providence, dove gli scodellò altri tre figli, tutti di Teddy questa volta, che si sommarono a quelli di Marshall, per un totale di sette fottutissimi figli. Ma questa è un’altra storia.
Quello che si dice, invece, è che quando l’uomo dai denti storti, che era uno dei migliori amici di Winston, gli andò a raccontare quello che aveva fatto Teddy, quello fece mezzo sorriso e disse qualcosa tipo: bene bene.
Poi l’uomo dai denti storti gli chiese del mare. Insomma, dopo 45 anni, che effetto gli aveva fatto vedere questo mare?

E Winston si era limitato a scuotere le spalle con noncuranza: è un mucchio di acqua – aveva risposto poi – solo un mucchio di acqua inutile.

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