domenica 23 marzo 2014

Una parola al giorno (o quasi): immortalità


L'uomo dai denti storti

L’uomo dai denti sorti era, senza ombra di dubbio, la più inquietante figura della contea di Bath, nel Kentucky.
Chiunque lo avesse incontrato almeno una volta, nella propria vita, non poteva più scacciare dalla propria mente la figura di quell’uomo dalla dentatura raccapricciante. Non si sa bene cosa fosse capitato alla sua bocca, sta di fatto che quei denti non erano solo storti: c’era qualcosa di profondamente sbagliato, quasi perverso, nel modo in cui quei denti spuntavano dalle gengive, accavallandosi senza senso, andando ora di qua ora di là; nella indecente sfacciataggine con cui gli incisivi spezzati proclamavano al mondo la loro esistenza protendendosi all’infuori. Era un po’ come se tutte le storture del mondo e l’essenza stessa del caos avessero trovato la loro ideale rappresentazione nella dentatura dell’uomo dai denti storti.
Tuttavia, nonostante la coesistenza con una simile dentatura dovesse essere tutt’altro che semplice, l’uomo dai denti storti non se n’era mai curato più di tanto.
L’uomo dai denti storti camminava tra la gente come se niente fosse. Le occhiate di sorpreso disgusto gli scivolavano addosso innocue, destando in lui, come unica reazione, un appena accennato sorriso di superiorità.
I bambini fuggivano alla sua vista e più di una persona aveva perso l’appetito dopo che lo sguardo si era casualmente imbattuto in quel terremoto ortodontico. La sera, nelle case di Bath, si sussurravano a mezza voce racconti raccapriccianti su come l’uomo dai denti storti fosse entrato in possesso di quella dentatura. C’era chi diceva che fosse l’incarnazione terrena del chupacapra, chi che avesse stretto un patto col diavolo e chi, addirittura, che fosse il diavolo stesso in persona venuto a seminare il terrore con quell’aspetto mostruoso. Ma l’uomo dai denti storti si levava al di sopra di tutto ciò con caparbia indifferenza.
Benché  possa sembrare strano, o quanto meno improbabile, l’uomo dai denti storti aveva anche degli amici. Un gruppo di irriducibili che da sempre si accompagnavano a lui: Bill, Tom, Sammy Lee detto anche Ladyblue, Winston Tucker. Tutte persone che vivevano ai margini della società, preoccupate più a racimolare  i soldi per un buon whisky piuttosto che a concedersi speculazioni filosofiche sulla dentatura dell’uomo dai denti storti.
Quasi fosse un tacito accordo, nessuno di loro, in tanti anni di amicizia, aveva mai parlato di quei denti, neanche per una volta.
I denti c’erano. La loro stortura baluginava maligna ogni volta che l’uomo dai denti sorti parlava, o sorrideva. Ma nessuno, dico nessuno, ne parlava.
Ecco perché quel giorno fatale, tutti furono colti alla sprovvista quando Bill, all’improvviso, lo fece. 
Ora… tutti conoscevano Bill e sapevano com’era fatto. Era ormai nota la sua tendenza ad astrarsi quando se ne faceva qualcuno di troppo. Quel giorno, chissà come, il gruppetto aveva rimediato una bottiglia di quello buono e Bill ci aveva dato dentro di santa ragione. Quando il tasso alcolico di Bill raggiungeva il limite il suo sguardo si faceva sempre vitreo e si fissava su di un punto indefinito che poteva essere una macchia sul muro, un’imperfezione sulla superficie del tavolo o un insetto sul neon. Una volta si era ipnotizzato sulla scollatura di Margaret O’Sullivan ed era rimasto a fissarla per quasi un’ora fino a che il marito non se n’era accorto e gliele aveva suonate di santa ragione.
Ma Bill era fatto così, non dipendeva neanche da lui. Non si sa bene cosa gli scattasse nel cervello, era come se, per non affondare nel pantano etilico a cui lui stesso aveva dato origine, avesse bisogno di ancorarsi col pensiero a qualcosa di immutabile.  E così si immobilizzava… e restava imbambolato, a filosofeggiare di macchie, insetti o tette, fino a che non gli passava la sbronza. Si trattava, il più delle volte, di farneticazioni innocue. Solo che quella volta, chissà perché, si fissò proprio sui denti dell’uomo coi denti storti.
Gli amici se ne accorsero subito. Voglio dire, non era così difficile da capire. C’era l’uomo dai denti storti, seduto da un lato, e Bill che strabuzzava gli occhi, leggermente proteso in avanti, con lo sguardo fisso, fisso, su quegli incisivi che sembravano appena usciti dal bombardamento di Pearl Harbour.
La situazione  era potenzialmente molto pericolosa, quindi gli amici avevano provato a scuoterlo con qualche gomitata, ma niente, Bill ormai era andato. Potevano solo sperare che l’uomo coi denti storti non se ne accorgesse. Solo che è impossibile non accorgersi di uno che, a pochi centimetri di distanza, fissa la tua bocca con quell’aria un po’ stupita come se si trovasse davanti ad una apparizione mistica, e comunque, se anche ci fosse stata una sola possibilità di riuscirci, questa svanì miseramente quando Bill aprì la bocca: “cazzo” disse Bill “ma lo sai che i tuoi cazzo di denti, sono davvero storti, cazzo!”
Bill non era particolarmente noto per la varietà e la ricercatezza dell’eloquio.
“Cazzo” disse ancora Bill “i tuoi denti suono i denti più storti che io abbia ma visto nella mia cazzo di vita… cazzo. Ma non hai mai pensato di mettere una macchinetta? Cazzo…”
Nel bar di Walter Bennett calò immediatamente il silenzio. Tutti ma dico tutti gli occhi si puntarono sull’uomo dai denti storti in attesa della sua risposta o di una qualsiasi reazione o di chissà cos'altro... in attesa, insomma.
Qualcuno trattenne perfino il respiro.
L’uomo dai denti storti bevve lentamente un altro sorso di bourbon, guardò sereno Bill, e poi disse, me lo ricordo ancora come fosse ieri, queste precise parole: “no”.
Poi riprese a bere e dopo un attimo di tensione, la vita tornò a scorrere normale nel bar di Walter Bennett.
Ma noi lo sapevamo che l’uomo dai denti storti non aveva detto tutto quello che pensava. Quel “no” non era solo un no, era molto di più. C’era un mondo dietro a quel no, solo che bisognava scavare un po’ per riportarlo alla luce, per dargli forma. E, per la precisione, ci vollero altre tre bottiglie di Bourbon ed un estemporaneo ed involontario strip di Megan Bennett, la figlia di Walter (che restò impigliata con la gonna negli scarponi di Flann O’Brian), per sciogliere la lingua dell’uomo dai denti storti, che alla fine ci prese in disparte e sussurrò in un soffio di alito alcolico: “Sapete? Io non ho mai avuto paura dei dentisti, se è questo che pensate… non ci metterei niente ad andare da uno di loro per farmi rimettere a posto la bocca… una volta mi sono fatto fare un preventivo, sapete quanto ci vuole?” noi scuotemmo il capo. “Per rimettere a posto tutto l’apparato ci vorrebbero 47.925 dollari!” annunciò con fierezza. “E io ho tutta la cifra da parte, fino all’ultimo centesimo, perché devo sapere che, in qualsiasi momento, se volessi, potrei farlo. Anche domani, se mi girassero, potrei andare da un dentista, dargli tutti quei fottutissimi 47.925 dollari e farmi sistemare… solo che non voglio”. Concluse.
“E perché?” gli chiedemmo noi.
Lui sorrise con quel suo solito sorriso, poi lasciò scorrere lo sguardo sugli avventori del bar, e poi su di noi. “Vi siete mai guardati intorno” disse “avete mai visto cosa sono gli altri, e cosa siamo noi? Noi siamo delle brave persone, ma non tanto brave da distinguersi dagli altri. C’è quel minimo di bontà di base che puoi trovare in ogni uomo, senza però che nessuno sia capace di diventare un fottuto santo o un missionario. E siamo anche un po’ cattivi… non fare quella faccia Winston, lo siamo. Ma poco. Non abbastanza, almeno, per fare davvero del male a qualcuno. Volontariamente intendo e non come Tom quando passò col trattore sul vecchio Mandy. Non siamo che una fottuta macchia grigia, indistinta sul palcoscenico marcio di questa vita senza senso, in un teatro dalla platea vuota, perché nessuno è intenzionato a pagare il biglietto. Siamo solo l’enorme quintessenza del nulla: niente di speciale, mediocrità allo stato puro che si confonde in mezzo ad altra mediocrità… Nessuno di quelli presenti in questo bar verrà mai ricordato per qualcosa che ha fatto, nessuno! Neanche la figlia di Walter, che si è persa la gonna stasera - anche se... non mi aspettavo avesse un culo così bello - ma nonostante tutto, anche le sue chiappe per quanto piacevoli, verranno dimenticate. Quando saremo morti, verremo inghiottiti dal nulla. Nessuno si ricorderà di noi… perché non c’è nulla da ricordare. Ma… nessuno, mai, dimenticherà i miei denti storti. 50 o anche 100 anni dopo la mia morte, nella contea di Bath si dirà: ma voi ve lo ricordate l’uomo dai denti sorti! Cazzo! Era spaventoso!
I nonni racconteranno di me ai loro nipoti, e loro faranno la stessa cosa con i loro figli e il mio ricordo vivrà per sempre, grazie a questi denti. Non ricorderanno il mio nome, non ricorderanno cosa facevo, ma nessuno potrà mai dimenticarsi dei miei denti. Ecco perché non li ho mai fatti raddrizzare, perché grazie a loro io ho rosicchiato la mia fetta di immortalità!”
E, detto questo, finì l’ultimo bicchiere di bourbon e si allontanò fiero dei suoi denti e della sua vita, camminando leggero verso casa e verso l’immortalità.

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