domenica 9 marzo 2014

Una parola al giorno (o quasi): BELLEZZA

Visto che non si può non parlarne, ne parlo anche io.
La Grande Bellezza ha vinto l'oscar. Yeah!
Siam tutti felici e contenti e ci sentiamo più belli.
E' un po' come se la grande bellezza del film avesse una proprietà induttiva in grado di trasferire orgoglio, bellezza e appagamento nei nostri cuori un po' malconci.
E' un po' come se in tanti avessero bisogno di ricoprirsi di un po' di quella bellezza, per non sentirsi brutti. Come se dovessero riempirsene la bocca, per non sentirsi vuoti.
E la maggior parte di quelli che ostentano “la Grande Bellezza” come un vessillo, sono proprio quelli che, normalmente, sguazzano in quella vacuità così ben raccontata nel film.
Quasi per reazione alla discreta massa di persone gongolanti (manco il film l'avessero fatto loro), dall'altra parte, ecco formarsi un'altrettanto cospicua conformazione di persone invidiose e rancorose, pronte a dire “le peggio cose” su Sorrentino e sul suo film - fenomeno questo, tipicamente italiano – perché il suo immeritato successo gonfia i loro cuori di sdegno sdegnoso. 
Personalmente a me il film non è piaciuto particolarmente ma non mi sento, per questo, di trasformarmi in uno sbavante e invidioso detrattore di Sorrentino.

Il film non mi è piaciuto per motivi puramente soggettivi.
Riconosco a Sorrentino una invidiabile tecnica e la padronanza del mezzo ma, per i miei gusti, questo è proprio il suo principale difetto.
Mi spiego.
Quando io vado al cinema, ci vado perché voglio che qualcuno mi racconti una storia. E mentre sto lì, con l'aria un po' da cretino per la verità, imbambolato, nell'oscurità della sala, niente e nessuno deve ricordarmi che sto guardando un film.
La storia mi scorre davanti... e se il film è riuscito, dentro. Punto.
Mentre guardo la Grande Bellezza, invece, sono costantemente consapevole che tutto è filtrato dalla sapiente, estetica visione di Sorrentino. Dietro ogni inquadratura c'è lui, compiaciuto e invadente, a ricordarmi che questo è il suo film. E anche se io ci provo, a dimenticarmene, è praticamente impossibile riuscirci.
Quindi al di là dei contenuti del film, di alcuni dialoghi particolarmente godibili e della bravura (o meno) degli interpreti... io non sono riuscito a tuffarmi nel film perché ogni volta che ci provavo venivo respinto all'indietro.
Alla fine di tutto mi resta un misto incerto di ammirazione per alcune inquadrature, per alcune suggestioni, ma anche di insoddisfazione per la sensazione di aver visto qualcosa di profondamente costruito, pezzo dopo pezzo, in modo fin troppo scientifico.

Per certi versi il problema che ho con Sorrentino è lo stesso che ho con Wes Anderson. Ne riconosco il talento e la genialità registica, ma non è il tipo di regia che apprezzo perché, anziché essere un mezzo per veicolare la storia, diventa essenza stessa della storia che dovrebbe raccontare.
Ma, ribadisco, questo è un problema mio e, la grande bellezza del cinema, è che non esistono valori e giudizi assoluti, né nel bene né nel male...

Oddio, nel male forse sì, ma non è certo questo il caso.

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