mercoledì 7 maggio 2008

ATTESA

Brano musicale consigliato durante la lettura «Slow train» dal CD «The road north» di Alasdair Fraser & Paul Machlis 


Nuadu dalla mano d’argento vive nella sua casa, sul tetto del Mondo, in un’ampia vallata verde. E lì, da tempo immemorabile, lascia che il suo sguardo vaghi nel vento, in attesa di un segno.

Nella piccola stalla costruita sul retro della casa, Nuadu tiene un meraviglioso cavallo dalla criniera argentea. Gli fu regalato dall’aurora, nella notte dei tempi, e le sue zampe agili e muscolose hanno il potere di trasportare qualsiasi cavaliere attraverso il tempo e lo spazio, oltre gli insidiosi confini che imprigionano gli esseri mortali.

Con quel cavallo Nuadu può raggiungerci in qualsiasi momento.

Ogni volta che un sogno muore prima di essere stato realizzato, ogni volta che la flebile fiamma della speranza viene soffiata via da un dolore lacerante, ogni volta che un desiderio si arena sulle scogliere della sconfitta, Nuadu corre alla stalla, sella il suo potente destriero, e galoppa veloce come il vento cercando di arrivare prima di suo fratello, il Signore dei Vermi.

Quando riesce ad anticipare il suo famelico gemello, Nuadu si avvicina silenziosamente al sogno infranto e lo raccoglie delicatamente tra il pollice e l’indice, facendo attenzione a non sciuparlo. Poi lo ripone in una piccola sacca di cuoio foderata di velluto rosso che fu cucita per lui dalla Regina delle Sirene, tanto tempo fa, e ritorna nella sua dimora.

Nuadu possiede un giardino sconfinato, sopra il tetto del Mondo. In esso crescono un’infinità di piante strane e meravigliose di cui non esiste uguale in tutto il creato.

Ogni volta che ritorna da un suo viaggio, prima di ogni altra cosa, persino prima di riabbracciare l’amata consorte, Nuadu si reca nel suo giardino, apre la sacca di cuoio, prende i sogni raccolti lungo il cammino, e li pianta nel terreno innaffiandoli con poche lacrime sincere. Poi aspetta che escano i primi germogli.

I sogni abbandonati germogliano in fretta quando trovano qualcuno disposto a prendersi cura di loro.

Quando il Mondo era giovane e Nuadu ancora un ragazzo, suo fratello, il Signore dei Vermi, decise di giocarsi ai dadi le sorti dell’umanità. E vinse. Nuadu allora chiese al fratello cosa volesse in cambio, per riscattare le sorti degli uomini.

«Perché vuoi rinunciare a qualcosa di tuo, in favore di quegli esseri stupidi?» domandò il Signore dei Vermi. «Con o senza di me, troveranno comunque il modo di edificare la loro infelicità... tieni ciò che è tuo e lasciami la vittoria.»

Nuadu non rispose. Andò a casa, prese la spada di ghiaccio e oro che gli aveva donato la Stella del Nord e si tagliò una mano. Poi tornò indietro e la gettò ai piedi del fratello. Il Signore dei Vermi sorrise senza allegria, la raccolse, e se ne andò lasciandosi dietro il destino degli uomini.

Ma nel vedere Nuadu così mutilato, la Luna ebbe pietà di lui, e gli costruì una mano d’argento finemente intagliato, perfettamente funzionante, che sostituì quella perduta.

Quando il Signore dei Vermi se ne avvide, si infuriò, e dichiarò nullo il patto, ma il giudice supremo, a cui si sottoposero entrambi, non volle emettere alcun verdetto, e da quel momento i due gemelli iniziarono la loro gara senza tempo, l’uno votato alla distruzione, l’altro alla conservazione degli uomini.

Una gara che nessuno dei due potrà mai vincere.

Nuadu dalla mano d’argento pranza ogni giorno seduto ad un ampio tavolo di legno di frassino che gli fu regalato da un Dio abbandonato, senza più fedeli. Il tavolo è rotondo, intagliato da sapienti artigiani che lo hanno ornato di disegni strani e magiche rune, ed il cibo che vi viene poggiato sopra non può mai finire, né può mai andare a male.

Di fronte al tavolo c’è una grande finestra che si apre sull’infinito. Da lì Nuadu può scrutare le nebbie che avviluppano l’universo e coglierne l’essenza più profonda.

Ogni tanto, quando si approssima il tramonto, Nuadu guarda pensieroso il sentiero di ghiaia bianca che porta alla sua dimora, poi si volge verso la sua sposa, che siede vicino al fuoco, dove suona l’arpa di Thurlogh O’Carolan, ed il suo sguardo è triste.

«Che c’è, marito mio?» domanda allora lei, fedele ad un rito che procede immutato da secoli.

«Non viene nessuno» risponde Nuadu «anche oggi nessuno è venuto a riprendere i sogni che custodisco. Eppure io li conservo qui per loro, per preservarli dal male affinché possano ritrovarli... possibile che non capiscano?»

«Abbi pazienza» dice allora la moglie interrompendo la melodia «vedrai che un giorno qualcuno verrà.»

«Non so...» mormora lui guardandosi pensieroso la mano d’argento. «Non viene mai nessuno... mai nessuno...»

E intanto i germogli crescono fino a sfiorare il cielo.



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5 commenti:

  1. è così bello.. sottile.. ti entra sotto la pelle..
    sono senza parole.. .
    mi fai venire i brividi...

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  2. ...altro che brividi, mi fai piangere.....


    ma davvero credi che tutto sia cosi' "abandonato"? ....che "campiamo malamente" disamorati e affranti?

    (oh si, io si.........è per questo che piango)

    Mib

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  3. prima o poi mi dirai chi sei Mibemolle... o Maninblack?

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  4. Io credo tu abbia ragione. E' genuino quello che scrivi...genuino è reale!

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  5. nono, mibemolle, mibemolle..come l'accordo, o la nota se preferisci....

    sono una che è capitata per caso nel tuo blog e a cui piace tantissimo..
    chi è maninblack???

    p.s. per verificare basta che clicchi sul mio (al confronto triste e molto molto banale ) blog... a fianco del mio nome ci dovrebbe essere l'iconcina.....

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