John T. J. Albraw era, a detta di tutti, una persona
speciale. Chiunque avesse fatto la sua conoscenza gli riconosceva una enorme
sensibilità, un fine intelletto e una profondità di pensiero non comuni.
John T.J. Albraw, naturalmente, era consapevole del proprio
valore, ma si guardava bene dall’ostentarlo in cerca di facili consensi ed
anzi, essendo una persona realmente speciale, riusciva ad esserlo senza
risultare fastidioso o saccente, ma al contrario, riusciva ad essere un solido punto
di riferimento per tutti, sempre pronto a donare piccole fiammate del suo ingegno
e della sua profondità di pensiero, ma con garbo e delicatezza, senza invadenza
o, peggio ancora, sterile narcisismo.
Eppure T.J. aveva un problema.
Essendo conscio del proprio valore, ed avviandosi verso la
vecchiaia, si era reso conto di avere una grossa responsabilità:
lasciare qualcosa ai posteri, a futura memoria. Un’ultima frase, in punto di
morte, che potesse chiudere in bellezza la sua vita. Una frase degna di essere
la sua ultima frase.
Il problema non era di facile soluzione, e per venirne a
capo T.J. si chiuse nel proprio studiolo per quasi 20 giorni a riflettere,
elaborare, sintetizzare e, finalmente, una domenica di luglio, col sole che
giocava a nascondino attraverso le persiane della finestra, T.J. trovò la frase
giusta. Quella che potremmo definire la “frase perfetta”. In essa l’anziano
uomo di pensiero era riuscito a condensare una vita, mettendo un pizzico di
ironia, una minima dose di autocompiacimento, un po’ di saggezza e tanta di
quella profondità curiosa e illuminante che aveva caratterizzato il suo modo di
essere e di relazionarsi alla vita.
Sollevato e felice di aver raggiunto lo scopo superando le
sue più rosee aspettative, T.J. Albraw invitò a cena figli e nipoti per
consegnare il proprio lascito, ma, fatalmente, proprio durante quella infausta
cena, un insidioso bocconcino di pollo gli andò di traverso infilandosi
subdolamente nella sua trachea.
In pochi attimi T.J. divenne cianotico e mentre realizzava
che, di lì a poco, sarebbe indubbiamente morto per soffocamento, si rese anche
conto di non riuscire a parlare.
A terra, con l’universo che lentamente si dissolveva in una
nuvola impalpabile di oscurità. T.J. non cercava di respirare ma di parlare,
per consegnare ai suoi cari la frase con cui lo avrebbero ricordato. Ma le
parole gli si strozzavano in gola, affastellandosi l’una sull’altra senza
uscire, nonostante tutti i suoi sforzi.
Carol, la nipote preferita, capì che il nonno cercava di
dire qualcosa e, negli ultimi secondi, si protese per cercare di cogliere anche
il minimo suono…
Mentre Carol si tirava su, tutti le si strinsero intorno.
“Cos'ha detto qualcosa?” le chiesero con gli occhi lucidi in attesa di conoscere le ultime parole dell'uomo che amavano e rispettavano da sempre.
“Ha detto… merda”.
Caspita, finalmente sei tornato! Cominciava a mancarmi sul serio leggere i tuoi post...
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