martedì 26 agosto 2014

Una parola al giorno (o quasi) - SOLDATINI

San Carlos de Bariloche, Argentina, anno 1962

«Mamma...»
Il bambino è sulla soglia, con le mani che si aprono e si chiudono nervosamente.
«Dimmi Manuel».
«Hai presente quel signore un po' strano?»
«Chi?»
«Quello coi baffetti, che gioca sempre coi soldatini... hai presente?»
Adesso Manuel ha tutta l'attenzione della madre che solleva il capo e lo guarda preoccupata.
«Che cosa hai fatto Manuel?»
«Ma niente, è che...»
«M a n u e l ...»
Il ragazzino lo sa: quando la mamma pronuncia il suo nome il quel modo non c'è scampo.
Comincia a piagnucolare.
«Io non ho fatto niente, te lo giuro!»
Ginevra è divorata dall'angoscia. Gli ha detto mille volte di stare lontano da quell'uomo e da quella gente che gli sta intorno. È brutta gente, non ci vuole un genio per capirlo. E' gente pericolosa, gente che, quando cammina sotto al sole, getta intorno a sé un'ombra di sangue. È come se la morte li seguisse come un docile cagnolino. “La morte gli fa le feste” così dicono i paesani, quando sono abbastanza ubriachi da non sentire più la paura, “soprattutto al gringo coi baffetti!”.
Ginevra abbraccia il figlio. Lo stringe a sé sperando che non sia successo niente di grave.
È solo un bambino, pensa, è solo il mio bambino. Cosa può aver fatto di male?
«Cos'hai combinato Manuel? Dimmelo...»
«È che lui coi soldatini non ci sa giocare, mamma...»
«I soldatini?» Ginevra non capisce.
«Sì!»
«E allora?»
«E allora gli ho detto che secondo me avrebbe perso la battaglia» confessa Manuel, tutto d'un fiato.
«Cos'hai fatto?!»
«Allora lui ha cominciato a urlare in una lingua strana, con gli occhi iniettati di sangue… “Nein! Nein!!!” urlava e poi mi ha preso per le spalle e mi scuoteva…»
Manuel ha le lacrime agli occhi e trema al ricordo di quello che è successo. E adesso trema anche sua madre.
«E poi? Cos’è successo poi?» gli chiede.
Manuel si asciuga il naso col dorso della mano.
«Poi sono scappato…»
Ginevra sospira. Grazie a Dio!
«Non farlo mai più! Quell'uomo è pericoloso!»
«Non più credo…»
«Che vuoi dire?»
«Mentre scappavo, si è fatto tutto viola e poi…»
«E poi?»
«Credo sia morto».
Ginevra si blocca.
«Ti ha visto qualcuno?»
Manuel scuote il capo.
È tutto a posto. È tutto a posto. Non lo saprà mai nessuno!
Ginevra riprende a respirare. È come se, dopo mesi di cielo plumbeo coperto da spesse nubi opprimenti, fosse spuntato improvvisamente il sole.
«Tu però non devi disobbedirmi mai più, capito?»
«Sì è solo che…»
«Che?»
«Coi soldatini non ci sapeva proprio giocare…»

Secondo alcune testimonianze non confermate, Adolf Hitler non sarebbe morto all'interno del proprio bunker il 30 aprile del 1945, bensì nel 1962 in un paesino dell'Argentina, dove si era rifugiato. Le cause della sua morte sono tuttora avvolte nel mistero...

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