San Carlos de Bariloche, Argentina, anno 1962
Il
bambino è sulla soglia, con le mani che si aprono e si chiudono
nervosamente.
«Dimmi
Manuel».
«Hai
presente quel signore un po' strano?»
«Chi?»
«Quello
coi baffetti, che gioca sempre coi soldatini... hai presente?»
Adesso
Manuel ha tutta l'attenzione della madre che solleva il capo e lo
guarda preoccupata.
«Che
cosa hai fatto Manuel?»
«Ma
niente, è che...»
«M
a n u e l ...»
Il
ragazzino lo sa: quando la mamma pronuncia il suo nome il quel modo
non c'è scampo.
Comincia
a piagnucolare.
«Io
non ho fatto niente, te lo giuro!»
Ginevra
è divorata dall'angoscia. Gli ha detto mille volte di stare lontano
da quell'uomo e da quella gente che gli sta intorno. È brutta gente,
non ci vuole un genio per capirlo. E' gente pericolosa, gente che,
quando cammina sotto al sole, getta intorno a sé un'ombra di sangue.
È come se la morte li seguisse come un docile cagnolino. “La morte
gli fa le feste” così dicono i paesani, quando sono abbastanza
ubriachi da non sentire più la paura, “soprattutto al gringo coi
baffetti!”.
Ginevra
abbraccia il figlio. Lo stringe a sé sperando che non sia successo
niente di grave.
È
solo un bambino,
pensa, è solo il mio
bambino. Cosa può aver fatto di male?
«Cos'hai
combinato Manuel? Dimmelo...»
«È
che lui coi soldatini non ci sa giocare, mamma...»
«I
soldatini?» Ginevra non capisce.
«Sì!»
«E
allora?»
«E
allora gli ho detto che secondo me avrebbe perso la battaglia»
confessa Manuel, tutto d'un fiato.
«Cos'hai
fatto?!»
«Allora
lui ha cominciato a urlare in una lingua strana, con gli occhi
iniettati di sangue… “Nein! Nein!!!” urlava e poi mi ha preso
per le spalle e mi scuoteva…»
Manuel
ha le lacrime agli occhi e trema al ricordo di quello che è
successo. E adesso trema anche sua madre.
«E
poi? Cos’è successo poi?» gli chiede.
Manuel
si asciuga il naso col dorso della mano.
«Poi
sono scappato…»
Ginevra
sospira. Grazie a Dio!
«Non
farlo mai più! Quell'uomo è pericoloso!»
«Non
più credo…»
«Che
vuoi dire?»
«Mentre
scappavo, si è fatto tutto viola e poi…»
«E
poi?»
«Credo
sia morto».
Ginevra
si blocca.
«Ti
ha visto qualcuno?»
Manuel
scuote il capo.
È
tutto a posto. È tutto a posto. Non lo saprà mai nessuno!
Ginevra
riprende a respirare. È come se, dopo mesi di cielo plumbeo coperto
da spesse nubi opprimenti, fosse spuntato improvvisamente il sole.
«Tu
però non devi disobbedirmi mai più, capito?»
«Sì
è solo che…»
«Che?»
«Coi
soldatini non ci sapeva proprio giocare…»
Secondo alcune testimonianze non confermate, Adolf Hitler non sarebbe morto all'interno del proprio bunker il 30 aprile del 1945, bensì nel 1962 in un paesino dell'Argentina, dove si era rifugiato. Le cause della sua morte sono tuttora avvolte nel mistero...
Secondo alcune testimonianze non confermate, Adolf Hitler non sarebbe morto all'interno del proprio bunker il 30 aprile del 1945, bensì nel 1962 in un paesino dell'Argentina, dove si era rifugiato. Le cause della sua morte sono tuttora avvolte nel mistero...
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